I PREPARATIVI ALLO SGOMBRO
(non il pesce)
- Capo, del periodo che va dallo sfratto alla nostra nuova
sistemazione posso parlare? Naturalmente evitando tutti quegli antipatici fatti
che si sono succeduti, compresa la tua incursione nel convento?
- Bravo, evita.
Ci avevano sfrattati, tornavamo ancora più randagi di quello
che eravamo una volta. Qualcuno aveva già cominciato ad informarsi presso
lontani parenti per avere un misero giaciglio in qualche sperduto gattile,
barattando la libertà con una cuccia e un pasto sicuro al giorno. Altri
esprimevano la volontà di migrare; qualche stolto vaneggiava delle meraviglie
della città e delle sue splendide colonie feline, coi cassonetti pieni di ogni
ben di Dio, mille cantine da visitare, topi di dimensioni da caccia grossa e… tante più probabilità di venire adottati. Ma
quante famiglie desiderose di avere un gatto in casa ci sono in città?
Infinite! Finalmente un cambio di vita radicale! Benessere, socialità, consumismo
sfrenato, gatte di facili costumi e, soprattutto, niente più Capo tra i piedi!
Solo io, TAZZA e qualche altro anziano sapevamo che tutto
questo era una pura illusione: eravamo nati, o diventati randagi e tali saremmo
restati per tutta la vita, e barattare la libertà del bosco con il caos e i
pericoli della città presto ci avrebbe fatto rimpiangere questo luogo. Poi
esisteva un’altra possibilità, la migliore: che il Capo non riuscisse a
trovarci un’altra sistemazione e, per evitare ulteriori spargimenti di sangue
(e non finire in galera), ci avesse traslocati in blocco alla mitica Reggia.
Mentre le menti pensavano al futuro e i nostri
discorsi cercavano di dargli una certa forma il Capo, ogni giorno, si accendeva
una sigaretta e se ne andava a fare una passeggiata nelle vicinanze. I più
curiosi, tra cui io, cominciarono a seguirlo in questi suoi viaggi solitari nel
bosco per constatare che stava diventando ancora più pazzo di quello era. Ogni
tanto si fermava in un punto e cominciava a fare strani gesti con le mani,
parlando da solo. Poi partiva con passo marziale a contare non si sa che cosa.
Infine si rivolgeva agli alberi dicendo loro: - Tu… giù! Tu, mmm… vedremo! Tu,
tu e tu, via! Tu rimani! No, qui no!
- E’ impazzito – il commento di TAZZA.
Un giorno inforcò un sentiero che scendeva verso il bosco di
castagni malati e improvvisamente si fermò.
Con la sigaretta ancora accesa ne accese un’altra e cominciò
la sua danza del passo dell’oca. Poi il solito dialogo con gli alberi, infine
prese un bastone cominciando a tracciare strani segni a terra.
- Perfetto! – esclamò alla fine della sigaretta, mentre il
118 veniva allertato.
Da quella volta ogni giorno il Capo scendeva in quel posto a
piantare bastoni a terra, tirare giù qualche castagno secco e spostare terra
per fare un piano.
Che piano avesse in testa solo lui poteva saperlo…
Vostro SAETTA (attuale memoria storica della Colonia)
TAZZA segue con lo sguardo i movimenti del Capo |
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