TOSCO alla Reggia comincia a concedersi qualche uscita, ma è sempre molto guardingo! |
La storia de I Gatti di Monte Malbe, due bande di felini semirandagi che hanno adottato un umano in cambio della loro sussistenza giornaliera. (Vai a Presentazione)
martedì 31 maggio 2016
lunedì 30 maggio 2016
ANNUNCI & DEDICHE
UN BREVE COMUNICATO DAL NOSTRO CAPOCOLONIA BAIOCCO
Vi invitiamo pertanto al rispetto degli ospiti che riposano dopo un'estenuante giornata di ozio, evitando rumori molesti, e all'osservanza del divieto di fregarsi i contenitori delle crocchette, anche se (stranamente) non riportato nella nuova tabella piantata fuori dal cancello di ingresso.
La stessa preghiera è rivolta ai numerosi tassi, ricci, volpi e cuccioli di cinghiali frequenti, ed indesiderati, ospiti notturni.
Agli umani molesti e cani vaganti sarà sparato a vista, anche se non specificato nel cartello stesso.
- Scusa BAIOCCO - commenta il piccolo ARTU' - ma non facevano prima a scrivere: "Colonia Felina, evitate di rompere inutilmente i coglioni"?
- Bravo piccolo! Stai apprendendo gli insegnamenti del Capo!
sabato 28 maggio 2016
IL SOLARIUM LETTERARIO
DEBITI e PINELLE
(Le pinelle sono come i debiti:
se ne hai troppe sono solo problemi)
- 11° capitolo -
- Perché il Capo ha piantato quel palo
all’ingresso? – domanda BERETTA tornato dopo lunghi giorni di assenza.
- Ha detto che ci appiccherà per la coda
tutti i gatti che non si presentano all’adunata pomeridiana – rispondo per
farlo sentire in colpa e un poco preoccupato – Preparati – aggiungo.
BERETTA arraffa la ciotola delle crocchette
per l’istrice ODOACRE e fugge precipitosamente nel bosco.
- Quando ti ci metti sei veramente stronzo, BAIOCCO
– mi rimprovera LITTORINA – Chissà ora quando lo rivedremo BERETTA. A
proposito, ma a cosa serve poi quel palo?
- Il Capo dice che ci deve collocare una
targa.
- Ha già distrutto la Panda?
- No, scema! Una targa che indica che questa è una colonia felina.
- A che serve? Noi lo sappiamo!
- Forse agli umani… - replico.
- Capito, siamo diventati come un monumento e
chi viene deve pagare il biglietto per vederci!
- Però! Mica scemo il Capo! Una forma di
autofinanziamento!
- Finalmente potrà metterci il ricevitore per
il wi-fi gratuito!
11
- Ed eccoci di nuovo qua! - fa la squillante
voce di Catia in veste di istruttrice di burraco.
- Siamo finalmente arrivati a prendere il
pozzetto. Lo abbiamo in mano e dobbiamo giocarlo. Cosa mai ci sarà di tanto difficoltoso
da richiederne una lezione completa?
Catia è diventata più sciolta nel tenere le
lezioni, forse anche merito del fatto che ha preso confidenza con noi.
C’è una nuova defezione: una vecchietta
rompicoglioni che finora non aveva capito un cazzo e continuava a giocare a
burraco come fosse stato la canasta.
Al suo posto è tornata la conturbante Luana,
con le sue gambe da urlo fasciate da un pantacollant aderentissimo e slanciate
da una decina di centimetri di tacco quasi a spillo. Continua a lanciarmi
occhiatine e sorrisini che sconvolgono i miei ormoni maschili (oltre agli
ormoni sconvolgono qualcos’altro dentro le mie mutande).
- Analizziamo tutti i casi possibili -
continua la maestra - Abbiamo il
pozzetto in mano -preso prima degli avversari- e non abbiamo il burraco. Cosa
fare?
Catia mi lancia un’occhiataccia mentre sto
sbirciando le zampe accavallate di Luana.
- Semplice – continua - La prossima e
obbligatoria tappa è...
Dopo alcuni minuti Catia tira il fiato e ci
fa cenno se sia tutto chiaro.
- Altra ipotesi...
Luana allunga le gambe, poi le accavalla.
I miei occhi e la mente sono subito di nuovo
rapiti dai suoi movimenti.
Se ne accorge; comincia a troieggiare
accarezzandosi i capelli e aggiustando più volte il suo corto vestito
all’altezza delle pere siliconate.
come mi
piacerebbe arrivare a quel pozzo!
- Chi prima chiude, più segna - sento dire da
Catia -Non avete il burraco? Siete nella cacca! Massima attenzione…
Poi conclude - Ricordatevi! Il burraco non è
un gioco dove vince chi ha maggior fortuna con le carte; ma chi fa meno errori.
Giusto!
evitiamo di aprire due fronti di gioco
Segue la solita sessione di smazzate al tavolo
che mi vede ancora accoppiato con la riccioluta Luana.
Chiudiamo la serata inaspettatamente in tre,
io, Catia e Luana; ma a bere birra e mangiare patatine fritte. Mentre Catia mi
chiede se ci sono progressi nell’indagine vedo Luana fare la troia con una
tavolata di ragazzotti poco sopra la ventina. Finiamo di bere e mangiare in
due; la zoccola si è trasferita definitivamente al reparto carne fresca da
macello.
- Stasera ne battezzerà un paio - mi dice
sottovoce Catia.
- Addirittura due?
- Forse anche tre o tutti e quattro, dipende
da quanto è in arretrato.
quando
sarà il mio turno?
Riporto la mente e l’attenzione altrove.
- Tanto per cominciare Glen Grant è lo
pseudonimo di Lionel Hawtin, sottufficiale del SOE. E’ morto da anni e il suo
libro è stato censurato dai servizi segreti inglesi. La copia che mi hai dato è
della versione italiana fatta pubblicare dalla vedova, Claire Stutton, prima di
morire anch’essa. Ah! La Stutton si era trasferita in Italia dopo la morte del
marito. Altro elemento, è vero che hanno bombardato un piccolo monastero in
Umbria, sul Monte Cucco, il primo giugno del quarantaquattro. Tutto qua. Ancora
ho dei dubbi se quello che ha scritto sia un bufala. Me la sono guadagnata la
birra, stasera?
- Hawtin… Stutton… dove si era trasferita la
vedova, in Italia? - dice senza rispondermi.
- Non lo so, mi devo informare?
- Magari - stavolta risponde - Forse è solo
una coincidenza, ma…
Finiamo di bere la nostra birra mentre
osservo la fatal Luana all’opera. Prima di salutarla, ci saluta lei uscendo dal
locale con uno dei giovanotti.
beato
lui!
- Invidioso? - lo sfottò di Catia.
- Non proprio invidioso, ma avrei una certa
necessità anche io. Sempre che ritrovi il libretto delle istruzioni per
ricordarmi come si fa.
A buona intenditrice, poche parole.
E nella notte non ho avuto bisogno del
libretto delle istruzioni.
- Intendi pagare il mio talento investigativo
con prestazioni sessuali? - le chiedo la mattina prima di uscire dal suo
appartamento.
- Perché no!
Ho la certezza che sarà una lunga e
meticolosa indagine.
Tra il rincoglionimento della stanchezza e la
preoccupazione di essermi cacciato -ancora una volta- nei guai, mi ricordo
della telefonata da fare.
Chiamo la tipografia a Città di Castello e
parlo col responsabile.
- Signor Rossi – inizia - mio padre si è
ricordato dell’episodio. Tutta la prima edizione è stata sequestrata dai
Carabinieri perché conteneva informazioni pericolose. La Littorina Editrice ci
ha lasciato pure il chiodo.
- Cioè?
- Il debito. Non ha pagato la stampa dei 100
libri.
- Mi scusi – intervengo - lei mi ha detto che
tutta la prima edizione è stata sequestrata. Allora come faccio io ad averne
una copia in mano?
Rimane silenzioso per qualche istante, poi -
Giusto. Mi richiami tra mezz’ora, per favore.
Richiamo puntuale.
- Ulteriore novità - espone il responsabile -
tutta la prima edizione è stata sequestrata, forse si sono salvate le prime
cinque copie di stampa già spedite alla Littorina Editrice e che -comunque- ci
ha lasciato il chiodo lo stesso.
- La ringrazio della sua disponibilità.
anche
in Italia il libro è stato ritirato
Passo a controllare la mia casella di posta
elettronica segreta.
“Ciao
frocione!
Ma non
avevi detto che andavi in pensione dalle donne e dalle indagini?
Quello
che ti fa fare un pelo di fica…
Ho già
messo al lavoro i fratelli; quanto prima avrai notizie.
Ken
P.S. I
ragazzi di Ashamaio ti ringraziano ancora per il campo da calcio che gli hai
regalato.”
LITTORINA osserva curiosa il palo |
CHEESE! Scatti felini a Monte Malbe
venerdì 27 maggio 2016
giovedì 26 maggio 2016
CHEESE! Scatti felini a Monte Malbe
mercoledì 25 maggio 2016
ANNUNCI & DEDICHE
Ieri ci ha lasciati la vecchia mummia pietrificata PIPPA, ufficialmente conosciuta come la mascotte de I Gatti di Monte Malbe. La piangono i piccoli della Reggia, a cui raccontava le sue storie di 19 anni di vita vissuta pericolosamente, RINGA e MINA, che ora hanno una ciotola in meno da cui rubare impuniti tocchi di paté per cani, la SCEMINA e la MELINA, a cui il suo greve russare facilitava il sonno e CANNIBALE, che guardandola si rincuorava e pensava che lui, in fondo, non era messo poi così male.I gatti del garage hanno firmato una petizione affinché la sua cameretta diventi il loro nuovo dormitorio mentre molti gatti della casetta nel bosco vorrebbero che diventasse la loro residenza invernale. L'avvocato SERPOTTO ha già presentato un'intimazione ufficiale al Tribunale affinché nessun altro canide venga a disturbare il quieto vivere della Reggia.
Ciao PIPPA!, ti ho preparato una bella fossa nel cimitero degli animaletti, tra tanti amici che hai conosciuto e ora non ci sono più, così continueranno a romperti le palle anche nell'aldilà.
Ciao PIPPA!, ti ho preparato una bella fossa nel cimitero degli animaletti, tra tanti amici che hai conosciuto e ora non ci sono più, così continueranno a romperti le palle anche nell'aldilà.
PIPPA, la mummia della Reggia |
martedì 24 maggio 2016
lunedì 23 maggio 2016
VECCHI INDIMENTICATI AMICI
UAIFAI
Vecchietta bianca e nera abbandonata alla Colonia Nuova l' 11 ottobre 2013 in precario stato di salute: debolissima, semicieca e FIV positiva.
In qualche mese alla Reggia torna ad avere sembianze feline dignitose, poi una serie di ricoveri per problemi epatici fino al suo decesso dopo un anno esatto dal suo abbandono.
Solo un anno di permanenza a Monte Malbe, ma spero sia stato il suo anno migliore.
UAIFAI alla Reggia - Ottobre 2013 |
sabato 21 maggio 2016
IL SOLARIUM LETTERARIO
DEBITI e PINELLE
(Le pinelle sono come i debiti:
se ne hai troppe sono solo problemi)
- 10° capitolo -
E’ tempo di referendum in Colonia: ben due,
un’espulsione ed un’ammissione.
L’espulsione riguarda SAETTA, reo di non
partecipare più alla vita della Colonia e di aver interrotto senza valido
motivo la narrazione della storia della stessa.
L’ammissione riguarda invece il colosso
OSCAR, anche se a tutti gli effetti si è già stabilito da noi e spadroneggia
neppure fosse lui il Capo.
Tra i due, è risaputo, non corre buon sangue
quindi il colosso OSCAR è diventato promotore del SI (cacciamo l’antipatico
SAETTA) e promotore dell’astensione al referendum che lo riguarda. Come a dire:
ci sto e ci rimango, volenti e nolenti.
Per il raggiungimento del quorum ha promesso
di appiccare al castagno più alto chiunque si asterrà dal voto su SAETTA e di
“copare” il famoso +1 oltre al 50% che si presenterà alle urne sul referendum
che lo riguarda.
Ah! Com’è poliedrica la democrazia!
10
Complice una fastidiosa pioggerellina e un
mare mosso che esclude qualsiasi tipo di ricerca ho un’ intera mattinata per
riorganizzare le idee su questa indagine da detective della domenica. Ho una
convinzione, supportata solo dall’istinto: il monaco è il punto focale di
tutto. Ma non ne conosco il nome e il cognome, l’età -forse è già morto, stiamo
parlando di un fatto di 67 anni fa- e neppure il luogo di nascita. E’ un
italo-americano, ma è nato in Italia o negli Stati Uniti? E’ un benedettino;
come potrei fare una ricerca tra tutti i monaci benedettini a cui manca
l’ultima falange del mignolo della mano sinistra?
Cominciamo dal principio: l’autore.
Con l’aiuto di Google vado a caccia del
sergente Glen Grant. Mi si aprono quattromilioninovecentotrentamila (4.930.000)
link! Sbarro gli occhi e inizio a leggere. Dopo un’ora so tutto sul single malt
Scotch whisky ma un cazzo sul sergente. Mi concedo dieci minuti di pausa.
Dopo un’altra ora trovo degli omonimi, in
carne, ossa e foto, su Facebook e stronzate similari della rete. Controllo
attentamente tutti i profili ma nessuno dei signori Glen Grant sembra essere
quello che cerco. Uno -addirittura- è un transex brasiliano!
Un caffè non autorizzato, a metà mattinata,
mi provoca un’irresistibile voglia di sigaretta. Resisto, anche perché non ne
ho in casa. Ma la caffeina stimola la fantasia e decido di intraprendere
un’altra strada.
Chiedo a Google qualche informazione sul
titolo del libro. Anche qui nulla di buono: memorie di un combattente politico
italiano, di un capo sioux, di un guerriero palestinese, di una geisha e tanti
altri. Sono 329.000 risultati.
Continuo a spulciare tra le pagine fino a
quando sono colpito da un’altra idea. Aggiungo a “memorie di un combattente” la
sigla SOE e tra i 1.750 risultati trovo, finalmente, qualcosa di utile. Nella
discussione, in un forum di militaria della seconda guerra mondiale, leggo il
seguente intervento: “L’episodio del
sabotaggio della linea ferroviaria Kiruna-Narvik è citato pure nel’introvabile
libro “Memoirs of a fighter” di Lionel Hawtin, sabotatore del SOE…“
Schizzo a chiedere a Google informazioni su
Lionel Hawtin e il libro.
Trovato!
Lionel
Hawtin (Manchester 10/06/1913 – Londra 24/11/1949), sottufficiale di prima
classe del SOE si è distinto, nel corso della seconda guerra mondiale, in
numerose azioni di sabotaggio in Francia, Norvegia e Olanda, occupate dalle
truppe naziste. Rimase gravemente ferito nel corso della sua ultima azione, in
Francia, alla vigilia del D-Day, e fu riconosciuto delle più alte onorificenze
dell’esercito inglese e della Casa Reale. Nel 1947 scrisse il libro “Memoirs of
a fighter” che, però, fu bloccato nella diffusione dal MI-6 in quanto conteneva
nomi e riferimenti a personale ancora in servizio presso l’Intelligence
inglese. La vedova, Claire Stutton, dopo essersi trasferita in Italia, nel 1951
tradusse il libro e lo pubblicò con il suo titolo originale tradotto, ma con lo
pseudonimo di Glen Grant.
- Esiste! - grido.
o
meglio: esisteva
Nel pomeriggio il cielo si apre e la pioggia
cessa. Ne approfitto per fare una passeggiata in spiaggia col mio SOV GT, un
metal detector lento e pesante ma con una formidabile discriminazione. Se ci
prendi l’orecchio scavi solo quello che merita di essere scavato.
Contrariamente a quanto si possa pensare, la ricerca su spiaggia non ti
permette di concentrarti nei tuoi pensieri. Non so come avvenga, ma il cervello
si svuota di tutto e viaggia in folle. Provo ad abbozzare una riflessione su
Catia, come donna.
sarebbe
anche l’ora di trombarla
E, mentre sto fantasticando su quelle che
potrebbero essere le sue migliori doti sessuali, il suono nelle cuffie mi
riporta al presente. Scavo una moneta da 1 Euro.
Continuo a camminare con la mia disordinata
traiettoria zigzagante e capto altri segnali. In un paio di ore ho fatto
bottino. Una decina di Euro, un vecchio gettone telefonico, un orecchino, forse
d’argento, il rottame di un braccialetto, anche questo d’argento, e un telefono
cellulare con ancora la Sim-Card inserita. Per ripercorrere a ritroso i tre
chilometri della passeggiata spengo il metal e mi dedico a pensieri meno
proibiti e dolorosi.
devo
contattare Ken
Dopo cena spedisco una e-mail a Ken, vecchio
compagno d’avventure in terra umbra e amazzonica. Gli invio la classica mail di
cortesia e pettegolezzi vari con il saluto finale “So long”: sta a significare
che deve controllare l’altra casella di posta elettronica, non riconducibile a
lui, con un pc a connessione protetta, perché ho qualcosa di confidenziale da
dirgli. Anche io prendo un altro pc con la Sim-Card della chiavetta non riconducibile a me e gli
scrivo.
“Ciao
vecchio!
Sto
svolgendo un’indagine amatoriale per conto di un’amica.
Ho
bisogno che qualcuno mi entri nell’archivio del SOE britannico (sì! lo stesso
dell’altra volta!) per verificare lo stato di servizio del sottufficiale di
prima classe Lionel Hawtin durante la seconda guerra mondiale.
Più
precisamente sono interessato alla sua ultima missione: quella del
maggio-giugno 1944 in Italia.
Fammi
sapere appena puoi.
L’ex
trombatore.”
Ken è un hacker e ha un grosso concorso di
colpa nel fatto che mi sia ridotto a raccogliere monetine sulla spiaggia: circa
dieci anni fa, con l’inganno, mi costrinse ad impugnare le armi e fare una
mattanza.
Ma, cinque anni fa, al mio ritorno dal
Sudamerica, mi aiutò a sbrogliare un’intricata matassa violando, insieme ai
suoi fratelli hacker della rete, gli
archivi informatici del SOE.
Lui ha preferito continuare la vita in
Amazzonia, insieme alla sua donna, dove hanno creato una scuola in un villaggio
sperduto nella foresta e conducendo una pericolosa campagna contro le
multinazionali che stanno deforestando quell’angolo di paradiso. Ora rischia la
vita più di quando, insieme, eravamo là a proteggere gli interessi di una
potente famiglia mafiosa italiana nelle piantagioni di coca.
Mentre sto scrivendo, nella piccola sala, ho
la porta di ingresso aperta e noto il solito gattino tigrato che fa capolino e,
pian piano, annusando e scrutando tutto attentamente, entra e comincia un
piccolo giro di perlustrazione. Poco dopo è seguito dalla piccola tricolore e
da un altro fratellino tigrato. Faccio finta di nulla, continuando a scrivere e
a navigare su Internet.
Dopo un’oretta il divano è colonizzato dai
tre piccoli animaletti pelosi, ma quando si affaccia Misha e li richiama con un
miagolio particolare si alzano e corrono da lei.
Nel frattempo ho chiesto a Google notizie su
Claire Stutton.
Sconosciuta; almeno quella che sto cercando
io. Ce ne stanno altre tre, sempre su Facebook e altre community, ma, dall’età,
non possono essere certo quella che mi interessa.
Prendo il libro in mano e controllo un
particolare.
Cerco pure la “Littorina Editrice – Firenze”:
risulta fallita nel 1953.
Seconda mossa: “Tipografia Giannelli – Città
di Castello”.
E’ viva e vegeta.
benissimo!
Prendo appunto del numero telefonico e
dell’indirizzo e-mail.
Anche la mattina successiva la pioggia mi
trattiene dalla cercata in spiaggia. Ne approfitto per un rapido salto in paese
a fare provviste alimentari e letterarie. Il piccolo supermarket ha un
espositore dedicato ai più svariati generi di libri.
Quando
sono in crisi di astinenza, pur di non raggiungere la grande libreria di Grosseto,
mi accontento di quello che passa il convento. Prendo tra le mani un volumetto
scritto da uno sconosciuto giornalista: “Le bufale dell’informazione”. Leggo la
presentazione sulla quarta di copertina: parla di come certe notizie di
fantasia possano essere spacciate come vere nell’informazione quotidiana.
18
Euro? troppo
Rinuncio all’acquisto e ripiego su un
volumetto che parla di gatti al modico prezzo di 9,15 Euro.
comincio
ad ammalarmi di felinite?
Tornato a casa mi metto a fare la brava
casalinga e giù di aspirapolvere, Mocio, Lysoform, Cif, Viakal, Vetril e tante
altre maialate, che per pulire 80 metri quadri ne inquini 500.
Ma il lavorare di straccio e ramazza ti
permette di pensare, al contrario del metal.
Ripenso al libro sulle bufale che non ho comprato.
e se
fosse tutta una bufala? se la missione in Italia non fosse mai avvenuta? se il
segnalibro inserito là fosse una semplice casualità?
Il tarlo mi si insinua nelle meningi.
Finisco di tirare a lucido la tazza del cesso
dove -come dice la pubblicità- ora ci potrei mangiare dentro.
… ma
vaffanculo!
Passo al computer.
Comincio a cercare tracce di questo piccolo
monastero distrutto dal bombardamento. La ricerca è difficile. Con le parole
“monastero e bombardamento” Google mi apre più di un milione di riferimenti,
quasi tutti riguardanti Montecassino.
Quasi.
A pagina 2833 trovo un indizio.
Un sito di appassionati del C.A.I. che tratta
di trekking ed escursioni sull’Appennino umbro-marchigiano riporta:
“… il
percorso è agevole e, con una deviazione di 15 minuti, all’altezza
dell’incrocio tra i sentieri 441 e 467, è possibile visitare i ruderi del
piccolo monastero benedettino di San Romualdo, distrutto da un bombardamento
aereo il 1 giugno 1944…”
Prendo appunto e comincio a cercare il
Monastero di San Romualdo.
eccolo!
Le notizie sono poche e frammentarie. Nulla
che mi possa interessare, a parte la visita alle sue rovine descritta nel libro
“Silenziosi sentieri” di Giovanni Arcamone, edito da Grifo Edizioni – Perugia
nel marzo del 1978.
Il monastero si trova sul Monte Cucco, in
territorio umbro, tra Isola Fossara e Pascelupo.
Mi metto a caccia del libro sulla rete:
nessuno lo ha in catalogo. L’unica vendita trovata è su E-bay, oltre un anno
fa.
Telefono alla mega libreria di Grosseto e
provo ad ordinarlo. La commessa prende l’ordine e mi rassicura che farà delle
ricerche contattandomi in ogni caso.
a
proposito di libri!
Mi ricordo della tipografia di Città di
Castello. Prendo il numero di telefono e chiamo. Mi risponde una segretaria a
cui mi presento col mio vero nome, ma
sotto mentite spoglie di giornalista. Alla mia strana richiesta mi mette in
attesa, poi mi passa il titolare. Mi ripresento e gli spiego cosa cerco.
- Lo abbiamo stampato nell’ottobre del 1951?
- mi risponde - Come faccio a sapere qualcosa? Neppure ero nato! - poi un
momento di silenzio - Però… papà, sicuramente. Senta Rossi, stasera ne parlo
con mio padre, allora dirigeva lui la tipografia e -se richiama domani- forse
qualcosa le potrò dire.
Ringrazio e saluto.
Il colosso OSCAR semina il terrore in Colonia solo con lo sguardo |
venerdì 20 maggio 2016
giovedì 19 maggio 2016
L'ALBUM DEI RICORDI
mercoledì 18 maggio 2016
martedì 17 maggio 2016
COME ERAVAMO...
lunedì 16 maggio 2016
sabato 14 maggio 2016
IL SOLARIUM LETTERARIO
DEBITI e PINELLE
(Le pinelle sono come i debiti:
se ne hai troppe sono solo problemi)
- 9° capitolo -
E’ scomparso di nuovo SAETTA. No, non c’è da
preoccuparsi! SAETTA sta vivendo un momento difficile, dovrebbe aver trovato
una casa dove lo nutrono a sufficienza e, sicuramente, con cibo di qualità
migliore ed ora la sua coscienza è combattuta. Tornare in pianta stabile alla
Colonia a finire di raccontare la nostra storia e a sentire i soliti brontolii
del Capo o abbandonare tutti gli amici prostituendosi per quattro miseri
bocconcini e fare la classica figura di cacca con gli affezionati lettori?
Lo scopriremo solo vivendo… cantava Battisti.
Comunque l’infame felino ogni tanto si
affaccia alla casetta, in orari non pericolosi per non ricevere la solita
sgridata del Capo.
9
Sono seduto al mio solito posto nella sala
dove si tiene il corso. Noto altre due defezioni; forse il giocatore di burraco
non ha voglia di studiare o approfondire il gioco agonistico. Per un istante
penso al bridge, che avevo provato a giocare qualche vita fa, c’è un abisso tra
i due giochi di carte, ma quale dei due sia più noioso ancora non l’ho capito.
Ammesso che si possa fare un paragone.
- Terza lezione - inizia Catia -
l’avvicinamento al pozzetto.
Mi sorride.
- E’ una fase delicatissima, e prendere il
pozzetto prima degli avversari significa -nel 75% dei casi- segnare punti a
proprio favore nello score…
Comincio a comprendere i fortunati che si
sono ritirati da questo corso.
Altra mezz’ora di discussione e un paio di
ore al tavolo a giocare e a correggere errori.
Finita la serata blocco Catia - Offrimi una
birra, ti devo parlare.
- Hai pescato il 10 di quadri? - chiede con
espressione solare.
- Qualcosa ho pescato, ma volevo parlare del
libro.
Il sorriso solare scompare.
Raggiungiamo a piedi un altro pub, più
silenzioso, meno frequentato, senza gusci di frutta secca a terra, con birra di
qualità scadente e prezzi tripli rispetto al “Be-Bop-A-Lula Pub”, ma riusciamo
a parlare.
- Ho finito di leggere il libro - il mio
esordio - Una porcata mostruosamente noiosa. Escluderei le sette missioni che
l’eroe ha dettagliatamente illustrato e mi concentrerei sull’ultima, quella
fallita.
- Concordo - annuisce Catia.
- Poi, è l’unica missione dove il bersaglio è
un essere umano. Una missione maledetta, come l’ha definita lui stesso.
Bevo un sorso di birra, almeno così sembra la
chiamino in questo pub.
- Secondo me mancano troppe indicazioni e
dettagli, rispetto alle altre missioni che ha raccontato. Ho avuto
l’impressione che non ne volesse approfondire la descrizione, non so se perché
l’abbia fallita o se dietro ci fosse ancora qualcosa da nascondere. Fatto sta
che mi piacerebbe rileggerla a quattr’occhi e commentarla insieme.
- Quando vuoi - risponde Catia, ma noto che
il suo pensiero è distratto da qualcos’altro.
- Cosa c’è? - le chiedo.
- Non vorrei farti perdere tempo.
- Ne ho da vendere. Vieni domani sera a casa
mia.
Rimaniamo in un imbarazzante silenzio. Lei
aspetta che le dica qualcosa che le preme. Io ancora non ho deciso cosa fare.
Ci salutiamo, non prima di aver raccolto un
altro piccolo centesimo di Euro abbandonato a terra. Catia osserva la scena
senza commentare.
Nel pomeriggio ricevo un’altra visita di
controllo e cortesia di Irene. Stranamente non riconosco il rumore del Defender
della Forestale e, quando arriva davanti alla veranda, noto una piccola novità.
La Land Rover è stata sostituita da un fiammante IVECO Massif verde con strisce
bianche. Lo osservo, poi sentenzio.
- Non ti dona. Era meglio il Defender.
- Bisogna aggiornarsi, bello! - dice
scendendo dal nuovo fuoristrada - Tu pure, sarebbe ora di cambiarla,
quell’ambulanza!
ambulanza?
- Quando vuoi fare una sfida, sono pronto - ribatto.
- Sono qui per altro. Dimmi - lapidaria.
- E’ una veterinaria, specializzata in
oftalmologia. Abita a Grosseto, ma non so dove, di preciso.
- Ancora non ti ha invitato nel suo letto?
Hai le azioni in ribasso – sorridendo - Via dei Gigli, 24. Un bel trilocale con
terrazza al terzo piano. Ora le puoi spedire un mazzo di rose.
- Mi sembra di aver colto una punta di
gelosia, sbaglio?
Non risponde, salta sul suo mezzo e scompare
nella strada che attraversa la pineta.
Arriva la sera e, dopo un piatto di
tagliatelle ai porcini e una purificatrice insalata mista, arriva l’ora della
lettura di gruppo. Prima verso il caffè per tutti e due e quando vedo Catia
infilarsi tra le labbra una Winston ho l’ennesimo mancamento.
- Leggi tu, per favore, voglio provare ad
analizzare la missione ad occhi chiusi - dico.
Lei comincia la lettura mentre nuvole di fumo
mi avvolgono le narici.
«22
maggio 1944. Siamo in pieno addestramento con la squadra quasi al completo. Tre
giorni fa Irvin si è fratturato una caviglia durante il salto dal muro di due
metri. La missione ha rischiato di fallire ma, prontamente, il comando ci ha
assegnato un nuovo elemento. Non una recluta, ma un sabotatore già navigato. Un
tipo schivo, che non fa gruppo con noi: non mi piace. Ma la missione viene prima di
ogni pregiudizio. Lo sappiamo tutti che manca poco allo sbarco in Europa e noi
abbiamo un compito importante: dobbiamo far saltare una centrale radio a
Chartres. Sono due settimane che ci addestriamo, qui in Scozia, in un castello
che riproduce abbastanza fedelmente quello dove è situata la stazione radio. Di
prima mattina vengo convocato d’urgenza al Comando insieme al nuovo arrivato,
Brett. Sicuramente il grande capo vorrà delle rassicurazioni sul buon esito
della missione e indottrinare Brett. Invece sono atteso da una sorpresa che mi
lascia stupefatto. Un colonnello, mai visto prima, presentatosi con il nome di
Jan Smith mi comunica che devo abbandonare la missione. E pure la mia squadra,
che proseguirà l’addestramento senza di me. Provo a chiedere una spiegazione,
in barba ai regolamenti.
«Sottufficiale
Grant», mi dice il colonnello, «c’è una missione più importante da compiere in
Italia. Sua Maestà e il Primo Ministro stessi mi hanno incaricato di scegliere
gli uomini migliori e metterli a loro disposizione. E’ una missione di vitale
importanza. E’ fallita già una volta perché erano state fatte errate
valutazioni: ora non si può più sbagliare».
Essere
selezionato per una missione espressamente richiesta da Sua Maestà Re Giorgio
VI e Winston Churchill è un onore; mi metto a completa disposizione.
Al sentir nominare Winston il pensiero mi
corre subito alla sigaretta, ancora accesa, di Catia. Non mi devo distrarre.
- Stop! – faccio - Già è iniziato il lato
oscuro. Brett… Jan Smith mi sanno di nomi fasulli, ma verificheremo. La missione
è già fallita una volta, hai capito? Ed è tanto importante da mettere a rischio
un’altra importante operazione col 6 giugno alle porte. Che ne pensi?
- Cos’è successo il 6 giugno? - chiede.
- 6 giugno 1944. Il D-Day, lo sbarco in
Normandia - rispondo con sguardo ammonitrice - Poi, è l’unica sua missione in
Italia. Sicuramente la Marchesa si riferiva a questo episodio.
- Certamente! - sottolinea Catia - Quel
segnalibro era inserito proprio all’inizio del capitolo che sto leggendo.
Prendo in mano il segnalibro in pelle e
mormoro - Pazienza… ci vuole pazienza con
le donne. Prosegui.
«Lo
stesso pomeriggio, io e Brett, veniamo prelevati dal nostro
alloggio,trasportati ad un aeroporto e imbarcati in fretta e furia su un Avro
Lancaster che decolla un’ora dopo con altri quadrimotori. Dopo poco tempo ci
raggruppiamo con altri stormi di bombardieri, decollati da chissà dove. “Ma
come… ci portano in Germania?” penso tra me. Invece, col buio, mi accorgo che
il nostro aereo devia dalla rotta degli altri e prosegue, in solitaria, per
quasi tutta la notte. All’alba atterriamo su un aeroporto nel sud d’Italia,
vengo poi a sapere, pieno di B-24 Liberator dell’USAAF. Veniamo di nuovo
prelevati da auto civili e condotti, dopo un memorabile viaggio su strade
sterrate e dissestate dai bombardamenti, durato diverse ore, in un aeroporto
più piccolo e accompagnati subito al nostro alloggio per qualche ora di riposo.
Ci svegliano alle 12,00 per la colazione e il briefing con un civile che si
presenta come un funzionario del MI 9. Con lui c’è un giovane, in abiti
militari, scorgo il grado di sergente. Ci comunicano che sarà lui il capo
missione. «Come? Devo prendere ordini da un sergente?» penso tra me e la cosa
mi conferma che questa missione proprio non mi piace.
«La
vostra meta è un piccolo monastero dell’Umbria nord-occidentale. Il vostro
obiettivo: un monaco benedettino». E ci sillaba bene il suo nome e cognome. «E’
un italo-americano, alto circa un metro e ottanta, sessanta chili di peso, capelli
castani. Ora il suo nome da religioso è un altro. Unico segno distintivo: manca
dell’ultima falange al dito mignolo della mano sinistra. Lo dovete prelevare e
portare qui. Se ciò non fosse possibile, il caporale Brett si incaricherà di
neutralizzarlo e portare qua la sua mano sinistra; ma mi auguro che ciò non
succeda. Una piccola unità di partigiani vi segnalerà la pista di atterraggio e
decollo in un campo nelle vicinanze del monastero e provvederà al rifornimento
dell’aereo per il viaggio di ritorno. Non incontrerete ostacoli: i tedeschi, in
quella zona, si stanno ritirando e sono rimasti solo pochi uomini fedeli alla
Repubblica Sociale di Mussolini. L’azione deve essere fulminea e daremo il via,
senza preavviso, appena ci giungeranno notizie certe della presenza del monaco
nel monastero. Dovrete raggiungere la meta la notte stessa del suo arrivo. Ora
rientrate nei vostri alloggi e rimanete in stato di allerta».
Ci
congediamo e mentre rientriamo ai nostri alloggi sparo una frase a bruciapelo a
Brett: «Non sapevo che fossi un sicario del SOE».
Mi risponde col silenzio di un sorriso.
E’ una
missione maledetta, me lo sento. Non ho scelto questo mestiere per andare a
rapire o uccidere un religioso. Ma non posso tirarmi indietro. Spero solo che
le informazioni siano sbagliate e il monaco non arrivi mai a quel monastero.
Ma le
mie aspettative vengono deluse la notte stessa. Scatta l’ora X. Ci imbarcano
rapidamente su un Avro Anson senza insegne di nazionalità e codice
identificativo, con un camouflage a vari toni di grigio, mai visto prima. Siamo
in cinque: il sergente capomissione, Brett, io e i due piloti. Durante il
viaggio il sergente ci illustra verbalmente la collocazione del monastero e la
sua minuscola planimetria. «Brett», dice, «dovremmo trovare non più di cinque
frati e, al massimo, l’uomo di servizio. Qualsiasi problema sopraggiunga, sai
cosa fare». Brett annuisce silenziosamente. Voliamo con il motore a bassa
potenza per quasi un’ora, fino a quando un pilota ci comunica: «Siamo in prossimità
del punto di atterraggio, tra 10 minuti toccheremo terra».
Cominciamo
a controllare l’equipaggiamento mentre il bimotore comincia a scendere di
quota.
Ma è un
attimo. Veniamo colpiti da una raffica di mitragliatrice che fa sbandare l’aereo.
Vengo investito da schizzi di liquido, che scopro essere il sangue di Brett. Il
piccolo bimotore perde il controllo mentre un’altra raffica ci centra in pieno
e un proiettile mi ferisce al polpaccio. Cerco di alzarmi per vedere se i
piloti siano in grado di guidare ancora l’aereo ma la planata verso il suolo
diventa una discesa fatta di scossoni e imbardate. Il velivolo è senza
controllo. In un lasso di tempo interminabile, mentre mi rannicchio in posizione
fetale, precipitiamo a terra, su una fitta boscaglia con degli alberi che
frenano la caduta dell’Anson e lo spezzano in due. Sento il violento impatto
dell’urto e perdo conoscenza.
- Una missione maledetta. L’avrei titolato
così il libro - interrompo Catia.
- Chi ha abbattuto l’aereo? - domanda.
- Non lo sappiamo. Glen non ce lo spiega
neppure dopo, quando parla della sua salvezza e convalescenza. Probabilmente un
aereo da caccia notturna. Ti va un altro caffè?
- Volentieri.
Mi alzo e comincio ad armeggiare con la moka,
mentre Catia fa un giro panoramico del salotto e scruta curiosa i titoli dei
libri sugli scaffali della libreria in legno. Si ferma nuovamente davanti alla
cornice con la foto di Ughetto insieme a me.
- Quando è stata scattata? - chiede.
- Quattro anni fa - rispondo col tono
svogliato di chi non vuol proseguire la conversazione.
- E il gatto? Che fine ha fatto?
- E’ morto.
Catia sorseggia il caffè, accende la sua
Winston, poi esce in veranda a fumarsela, tra il silenzio di entrambi.
Appena rientra in casa continua la lettura
del libro. Glen racconta di come i partigiani, che li attendevano, l’abbiano
salvato, curato e nascosto. Specifica di essere rimasto l’unico sopravvissuto
della missione, e di aver saputo che il giorno dopo tre aerei inglesi (forse
Mosquito) avevano bombardato per sbaglio il monastero e lo avevano raso al
suolo. Narra, poi, del suo ritorno tra le truppe britanniche, del rimpatrio per
terminare le cure e della sua messa a riposo per invalidità.
- E qui finisce l’avventura del nostro
combattente. Ora abbiamo tanti punti oscuri nella storia, a partire dal fatto
che non si capisce se sia una storia vera o un romanzo inventato di sana pianta.
- Non credo sia inventato.
- Neppure io – sottolineo - Però abbiamo
anche un punto più oscuro di tutti gli altri.
- Cioè?
- Cosa andiamo cercando? Il monaco? Il sergente
Glen Grant, che poi è un sottufficiale e sicuramente non si chiamerà così? Il
monastero distrutto dal bombardamento sbagliato? Chi è l’erede d’Inghilterra?
Dove sta la chiave di tutto? – incalzo - In poche parole, cosa dobbiamo inseguire?
- Non ne ho la più pallida idea - fa Catia,
senza entusiasmo - Intendi lasciare perdere tutto?
- No. Non so cosa fare; ma ci penserò sopra e
comincerò a raccattare informazioni da tutte le parti sperando che alcune si
incastrino in modo da avere una solida base di partenza.
- Bravissimo! E’ come quando sei senza una
pinella e raccogli di tutto sperando di formare qualcosa da mettere a terra.
questa
è malata
- A proposito di burraco – prosegue - hai
pescato qualcosa di buono per quella scala a quadri?
- Ho trovato l’asso.
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