sabato 27 febbraio 2016

IL SOLARIUM LETTERARIO





LE MALEDETTE

di Catus Silvestris
16a puntata





Pioggia, pioggia e ancora pioggia! Non ne possiamo più!
Poi… dal soffitto della casetta comincia a scendere qualche goccia di acqua; il Capo lo sa che questa estate ci deve rifare la guaina al tetto.
Per l’occasione abbiamo già approntato la nostra squadra di aiutanti volontari: ORFEO Capomastro, ARIES Responsabile alla sicurezza della scala, ARCHIMEDE Direttore dei lavori, ATTILA Addetta allo smaltimento dei materiali rimossi, TARANTOLA Incaricata alla sussistenza alimentare della squadra di volontari e ARTU’ Controllore dei dispositivi antinfortunistici.
Considerando la fama di porta sfiga che ha guadagnato il piccoletto ARTU’ ho dato incarico al Professore PALLUCCHINO, Dirigente amministrativo, di stipulare una vantaggiosa polizza antinfortunistica per il Capo: la meno costosa ma più remunerativa.
ORTICHINO ha proposto di farlo fuori comunque e goderci il meritato vitalizio.

16
La mattina decido per la soluzione più ovvia: informare Carla. Vado alla stazione della Forestale a Paese entro e trovo troppo affollamento per raccontarle quello che ho scoperto.
- Che succede? – mi domanda preoccupata.
- Vieni a prendere un caffè – le rispondo.
Capisce subito che ho qualcosa da dirle, ma lontano da orecchie indiscrete.
Mette via dei fogli che stava leggendo e chiude a chiave il suo ufficio.
- Due – le dico, mentre stiamo assaporando il caffè seduti a un tavolino defilato anche se con gli schiamazzi dei quattro pensionati che stanno giocando a scopa non ci sarebbe problema a parlare vicino al bancone.
- Due, cosa?
- Due ‘scheletri morti’. Ne ho trovato un altro alle Corone.
- Oh, cazzo… dovrò richiamare i Carabinieri.
- Aspetta. Prima di smuovere le acque leggi questo quaderno – glielo passo insieme al documento di Felice Ambrosetti.
- Anche questo è morto col documento vicino? – fa perplessa.
 Annuisco - Sembra proprio che ci tengano a far scrivere il nome giusto sulla lapide.
- Cosa dobbiamo fare?
- Tu leggi, poi decideremo insieme.
Lei legge, ed è pure più veloce di me. Il pomeriggio successivo me la vedo comparire a casa, stavolta in completo grigioverde, con zia che va subito in fibrillazione perché non era preparata alla visita e non ha nulla da offrire che non sia il solito torcolo (peraltro squisito) che prepara per la colazione.
- E’ un bel inghippo – commenta – Facciamoci una scappata e fammi vedere un poco.
- Ora è troppo tardi, tra poco sarà buio. Rimandiamo a domani. Che ti è sembrato?
- Mmm… ho passato i dati alla mia amica poliziotta. Ha detto che controllerà la veridicità di quanto scritto dall’Ambrosetti.
- E’ possibile, anzi decisamente probabile, ma qualcosa non torna.
- Cosa?
- Il nome del bandito, per esempio. Ambrosetti ha scritto che si chiamava Pietro Paolo. Poi non l’ha corretto, eppure quando l’altro bandito catturato ha deciso di parlare tutti sapevano la sua vera identità.
- Chi era?
- Salvatore Esposito, un pregiudicato in trasferta per fare la rapina. Del basista non si è mai saputo nulla, non lo conosceva neppure Tullio Franchi.
- Chi è Tullio Franchi?
- Il bandito catturato, ora l’unico superstite della banda.
- Come mai sei così informato? – indaga sospettosa.
- Qua non succede mai un cazzo, un fatto del genere è stato sulla bocca di tutti per mesi.
- Dove è avvenuta la rapina?
- Poco dopo il distributore sulla statale che va a Paese. Doveva essere l’itinerario di sicurezza, ma qualcuno ne era a conoscenza.
- Cosa hanno rapinato?
- Una consegna speciale di denaro dalla Zecca alla Banca d’Italia a Città. Un miliardo e duecento milioni di lire.
- Fischia!!! E quello se li è portati tutti dietro dentro al borsone?
- Ma… non credo che tutti quei soldi potessero stare dentro ad un unico borsone. Forse li aveva divisi e un altro sacco, o altri, li aveva nascosti chissà dove.
- E… sei sicuro che dentro al modulo del primo cadavere non ci fosse questo famoso borsone?
- Io non l’ho visto, poi sei venuta anche tu.
- Neppure io l’ho visto. Ci conviene aspettare notizie da Roma. Domattina, però, facciamo un salto su.
- Va bene. Passo a prenderti alle 8.
Saliamo su da zia che ha avuto il tempo di apparecchiare tavola con caffè, the, torcolo, una scatola di biscotti scovata chissà dove, alcuni beveraggi e si è pure cambiata e pettinata.
Quattro complimenti melensi alla vecchia – Uh! Ma com’è buono questo dolce! Ma l’ha fatto davvero lei? Mi da la ricetta, vero? - Comincio a rompermi i coglioni di questa pantomima; sembra che si siano messe d’accordo per mettermi a disagio e in minoranza (silenziosa).
Bevo il caffè e faccio il maleducato – Scusate ma ho un lavoro urgente da finire.
Le lascio sole, così imparano tutte e due a smettere di spaccare i marroni.
Torno alla manutenzione delle motoseghe: smonta, pulisci dalla segatura incollata con l’olio della catena, soffia e lava il filtro dell’aria, una controllatina alla candela, quattro belle limate per affilare la catena e i gioielli sono di nuovo pronti per le prossime stragi di lecci.
Comunque passano quasi due ore e la Bellona non si vede.
Che si sia incazzata e andata via senza salutarmi? penso, un poco in colpa.
Invece è ancora con zia, in cucina, che stanno preparando per la cena.
?
- Carla si ferma a cena. Così stiamo tutti qua da me.
Annuisco, per niente entusiasta. A pranzo mi fa piacere –e comodo- mangiare con zia, ma la sera preferisco sempre starmene per gli affari miei e cucinare qualcosa, se mi va di cucinare, o razzolare tra gli avanzi di cui zia mi riempie il frigorifero. Poi, spesso, a cena c’è la partita. Vuoi mettere una frittatina sul divano davanti alla tv?
Vado a farmi la doccia. Già che ci sono mi rado la barba di due giorni: non si sa mai…

ORTICHINO medita l'eliminazione fisica del Capo

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