sabato 13 febbraio 2016

IL SOLARIUM LETTERARIO





LE MALEDETTE

di Catus Silvestris
14a puntata





- Semo rimasti quattro gatti… - il lapidario pensiero di CERES all’adunata mattutin-domenicale per la consueta lettura del solito polpettone.
- Se continua così ci tolgono pure lo status di Colonia felina registrata all’ASL – aggiunge con voce cupa EMILIA.
- Perderemo tutti i diritti acquisiti e torneremo ad essere gatti di nessuno! – la lamentazione di TOPAZIO.
- Non bastavano gli assenteisti, la sfiga, il Capo con la sua apprensione e i rimorsi di coscienza  ora ci si è messo pure SKA a complicarci la vita! – fa eco TARANTOLA.
E sì! tra assenti cronici (CINQUINA, PRIMULA e CORNIOLA), assenti frequenti (CREMINO, SAETTA, BARTOLOMEO e BERETTA), ricoverati di turno (OSCAR e PUNTINO), colleghi che il Capo ha deciso di trasferire alla Reggia in maniera del tutto arbitraria e illegale (chiamata diretta e non seguendo le graduatorie dei numerosi e inutili concorsi, con la scusa che sono gatti più bisognosi di attenzioni) cioè NINNI, TOSCO e AMELIA, ora anche SKA ha dato di matto e per protesta si è incatenato alle grate delle finestre della Colonia Vecchia. Dobbiamo portargli un pugno di crocchette per sfamarlo; per l’acqua, quando nessuno lo vede, apre il lucchetto e va direttamente alla fontanella.
Comunque, uno in più o in meno, come dice il Capo “Andiamo avanti lo stesso!”

14
Quando torno alle Corone mi avvicino al modulo del morto, come oramai lo chiamo. Supero la zona delimitata dal nastro dei Carabinieri e mi avvicino alla porta. Avrei una piccola curiosità da togliermi. Ma alla porta del modulo hanno apposto i sigilli e un foglio dice che il locale è sotto sequestro. Se aprissi la porta strapperei sigilli e foglio. Meglio evitare questa cazzata. La curiosità di sapere se tra i libri riposti nell’armadio ci fosse anche quello scritto dal libraio rimane tale. Poi, pensandoci, forse i Carabinieri hanno svuotato e portato via tutto. Lascio perdere e vado a rivolgere qualche dolce parola ai sei lecci che ho adocchiato e voglio tirare giù.
Dopo tre ore, finita la mattanza verde e caricato tutti i pezzi di legna utili sul cassone dell’Unimog, mi concedo una pausa ristoratrice: caffè del thermos e sigaretta. E continuo a pensare a quanto successo il giorno prima. Decido di scacciare quest’ansia e rivolgo le mie attenzioni morbose alla Bellona e a quell’altra sul letto matrimoniale che scopano come dannate. Chi fa l’uomo? E chi farà fa donna? Un po’ per uno a seconda dei desideri? Rimorchieranno pure altre lesbiche per una notte di sesso aggrovigliato? A Roma sarebbe possibile; è una grande città, mica come qua che nel raggio di cento chilometri facciamo meno abitanti di un suo quartiere!
Mi torna duro, ed è solo giovedì e domani la Bellona viaggia verso Roma.
Invece, nel pomeriggio di venerdì, ricevo la sua inaspettata visita al capannone. Zia si mette subito in preallarme ma il motivo della visita è strettamente riservato.
- Ma che cazzo hai combinato? – domanda con una punta di disapprovazione.
- L’ho picchiato solamente. Come l’hai saputo? – replico stupito.
- Ma almeno i giornali, li leggi?
- Qualche volta al bar, se ci capito a prendere un caffè.
- Immagino che sono due giorni che non ne prendi…
- Perché?
- Cristo santo! Ma è su tutti i giornali! ‘Regolamento di conti tra spacciatori: un morto per pestaggio’.
- Morto? – domando rimanendo a bocca aperta.
- Certo, gli hai spappolato la milza e perforato i polmoni a furia di calci, cosa mai doveva fare?
- Beh, un rompicoglioni in meno in giro.
- Era uno dei picchiatori?
- No, quello che ha tentato di ammazzare Picche. L’altro era uno di quelli che mi hanno picchiato.
- L’altro?
- Erano in due.
- E l’altro che fine ha fatto?
- Che ne so… fuggito via.
- Spiegami cosa è successo.
Mi accendo una sigaretta e le racconto del pomeriggio di sangue concludendo con – Non credevo proprio di averlo ammazzato. Comunque non me ne frega un cazzo.
Poi è lei a raccontarmi la versione dei quotidiani. Versione sicuramente rimaneggiata dai Carabinieri che conducono le indagini; sempre meglio dare la colpa agli spacciatori che mettere in mezzo il clan dei macedoni.
- Ora devi stare veramente attento – continua Carla – Loro sanno che sei stato tu e il conto da pagare aumenta.
- Credi che gli interessi tanto la morte di un loro lavorante?
- Gliene frega meno di te, il problema è che lo vedranno come un ulteriore sgarbo.
- Comincerò a tenere un fucile carico in cabina.
- Sarebbe meglio – poi conclude – Tieni anche questo – passandomi un altro pugnale, più piccolo del precedente – con le stesse raccomandazioni.
- Grazie. Ma dove sta il fegato?
- Il fegato sta all’altezza delle ultime costole, a destra, ricordalo.
Saliamo in casa per il caffè, che zia ha subito preparato, poi ci salutiamo. Per il fine settimana: ognun per se.
La sera, al Covo, comunico ad Antonio la cessazione della società a delinquere recentemente formatasi – Non voglio grane, Carla mi ha avvertito.
- Come vuoi - risponde – tanto, credo, ci sia rimasto poco di appetibile.
Antonio evita ogni riferimento a quanto accaduto al macedone, ma capisco lo stesso che pensa che ne sia coinvolto.
Dopo la solita passeggiatina sulla statale per la sigaretta e la pisciata torniamo al locale e vado dalla ruota di scorta, la bionda popputa.
Contrattiamo per una serata a casa sua, lontani da occhi indiscreti, e le allungo cinquantamila per le spese generali. Ho scoperto che se le sgancio qualche lira è più bendisposta a giochi particolari (che mi ha insegnato la Bellona).
Dopo il primo degli amplessi le faccio la domanda che mi sta a cuore – Sei mai stata con una donna?
Ci pensa, troppo, concedendomi già la risposta. Poi dice – Un paio di volte, ma era una coppia. Che ti sei messo in mente?
- Nulla, ma la mia amica, quella alta magra, hai presente?, avrebbe il desiderio di provare con una donna. Con me presente, naturalmente! Mi domandavo se…
- Beh, che quella è lesbica si vede da un miglio distante – risponde – E mi fa pure gli occhi dolci, se lo vuoi sapere. Vi siete messi d’accordo e tu fai il guardone?
- Sarà anche lesbica, ma scopa da dio, se lo vuoi sapere. Poi… no! Era solo mia l’idea di coinvolgerti.
- Sarà… - commenta – comunque si potrebbe fare. Centomila, però.
Le do un altro paio di colpi e me ne torno a casa pensieroso. Mi sono complicato la vita e non ho gustato in pieno la scopata con la bionda. Un venerdì da dimenticare.
Il lunedì, invece, è da incorniciare. Becco un altro appalto, stavolta dalla Provincia ,per ripulire le rive del Rio Freddo da Casalalta a Castelmoro. Venti chilometri, comodi e ricchi di robinie e pioppi, che renderanno altri tremilioni di lire, più la legna.
Devo terminare pure dei lavori per un appalto delle ferrovie, credo che un po’ di tempo latiterò dalle Corone, e la cosa non è che mi dispiaccia; eviterei anche ogni possibile contatto con i macedoni.
L’azione di volantinaggio a Città produce qualche piccolo frutto, raccatto tre nuovi clienti, tutti privati, con pochi consumi ma contenti del prezzo che pratico, della qualità della materia prima e del fatto che a Città consegno la legna pezzata 25 e 33 centimetri affardellata dentro dei sacchi, simili a quelli delle patate. Sono comodi da stivare e trasportare e, soprattutto, non sporcano la casa di detriti di legno e segatura. Poi possono venire pesati per controllare se frego sulla quantità, come sono soliti fare i miei concorrenti lasciandoti una catasta di legna sfusa. Ogni sacco sono 20 chili di legna ed è compreso nel prezzo.
E’ un venerdì sera al Covo che affronto l’argomento bionda popputa con Carla. La Bellona si accorge che la sto guardando e domanda – Sono forse di impiccio stasera?
- Cosa?
- Ti stai mangiando con gli occhi la solita biondona. Devo sgombrarle il campo?
- No. Riflettevo solamente.
- Su cosa?
- Che se fosse vero che alla bionda piacciono anche le donne, sarei curioso di vedere se…
- Se… cosa? – assumendo un tono feroce.
- Niente, niente. Era solo un’idea…
- Pensavi forse di infilarla tra noi e magari stare a guardare quello che combinava con me? Bello! Non mi coglionare, non sono nata ieri. Poi… con quella vacca che avrà più di cinquant’anni? Sono abituata meglio, io!
Discorso chiuso e figura di merda.
Quando la accompagno a casa, Carla mi fa salire e commenta – Se la bionda te la vuoi scopare, fallo pure. Non sono gelosa, ma non credo riesca a fare quello che ho in mente stasera per te.
Torno a casa stremato, mortificato e umiliato.
La mattina dopo sono ancora stremato e decisamente dolorante.
Abbandono ogni velleità di condurre qualsiasi gioco di sesso con la Bellona, lei è troppo avanti, anche per me.
Quello che non riesco a decifrare e spiegarmi è la frase ‘Sono abituata meglio, io!’ che lascia ampi spazi alla mia immaginazione.
Oppure sono vittima di uno stupido scherzo di Antonio che si è inventato di sana pianta le sue tendenze sessuali.
In una settimana taglio tutta la legna stagionata che ho sul piazzale e riempio all’inverosimile il capannone. Picche è triste perché non lo porto per boschi, zia preoccupata perché è la prima volta che non mi vede andare per macchie per sette giorni consecutivi.
- Hai qualche problema? – mi chiede un giorno, a pranzo.
- Perché?
- Sono cinque giorni che non esci e non vai neppure a tagliare.
- Ho il piazzale troppo pieno, zia. E’inutile che taglio e poi non so dove metterla.  Faccio solo un po’ di spazio.
- Sicuro di non avere problemi con Carla?
- Certo, perché?
- Beh, non sei mai uscito, lei non ha mai telefonato, posso pensare che…
- Fammi un piacere, non pensare.
- Allora c’è un problema sul serio!
- Non c’è. Stasera esco e ci vediamo al Covo.
- Ma sempre a quel brutto locale la devi portare?
- Uffa…
Il pomeriggio succede l’impensabile: Carla chiama al telefono e parla con zia.
- Sono più tranquilla, ora – mi dice raggiungendomi nel capannone.
- Perché?
- Ha chiamato Carla per sapere se eri ammalato, considerando che questa settimana nessuno ti ha visto né a Borgo né a Paese.
- Ha chiamato? E perché non mi hai avvertito?
- Ma… abbiamo parlato una mezz’oretta e si è tranquillizzata, poi lei aveva da fare e ci siamo salutate.
Carla che chiama per sapere se sono ancora vivo, penso tra me appena zia se n’è andata. Allora ha ancora qualcosa di umano…
Tra le robinie e i pioppi del Rio Freddo e della linea ferroviaria riempio di nuovo il piazzale di stanghe di legna. Sono costretto a tenere all’aperto pure il pioppo, e non si dovrebbe, perché anche nel capannone non ho più spazio; è stracolmo di legna tagliata nelle abituali pezzature 25, 33 e 50 centimetri.
Voglio, comunque, utilizzare al meglio il mio tempo lavorativo: torno alle Corone e riapro la vecchia strada che parte dal cancello fatto rimettere da Carla e arriva a una radura sulla collina a Ovest. Ho deciso che per qualche tempo non tornerò alla cava e nelle sue immediate vicinanze; la notte mi sogno ancora quel morto sul letto.
Una decina di giorni di lavoro e raggiungo la radura che dove trovo dei materiali da costruzione, forse abbandonati ai tempi della irrealizzata polveriera. Niente di appetibile: sacchi di cemento e altro materiale oramai rovinato dal tempo, barre di tondini di ferro mangiati dalla ruggine, qualche pila di mattoni su cui la vegetazione è cresciuta rigogliosa e cumuli di sabbia dilavata dalle piogge. I boschi intorno sono un tripudio di lecci, corbezzoli, carpini e roverelle. Ma non posso cominciare a diradare; ho di nuovo il piazzale pieno di legna da stagionare.
Fortunatamente l’effetto volantino continua la sua opera, altri due piccoli clienti di Città richiedono i miei servizi. Per la fottutissima legge della compensazione ne perdo altri due, purtroppo buoni.
Il convento delle Clarisse di Santa Chiara dove un pomeriggio, mentre scarico il solito rifornimento di legna da 50, un fardello mi sfugge dalle mani e mi acciacca un piede. Mi lascio sfuggire un  bestemmione proprio davanti alla madre superiora. Sarà la mia ultima consegna alle suore.
Il secondo è una pizzeria dopo Città, vecchio cliente che non naviga economicamente il buone acque. Mi paga una consegna con il solito assegno ma si prende un poco di tempo, postdatandolo di un mese. Quando lo porto in banca l’assegno è scoperto, il cliente ha chiuso i battenti e io, con quel pezzo di carta, mi ci posso pulire il culo. Cornuto e bastonato.
Forse aveva ragione il vecchio libraio, rimugino tra me, col suo consiglio di rallentare il ritmo di lavoro.
Chi non rallenta è la Bellona, forse per eliminare ogni possibile concorrenza da il meglio di se a letto , e talvolta anche fuori dal letto, inventandosi giochi erotici al limite dell’infarto (del sottoscritto). Ma non ne sono particolarmente dispiaciuto.


SKA fa l'incatenato per protesta



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