LE MALEDETTE
di Catus Silvestris
13a puntata
Nulla di nuovo all’orizzonte, a parte il fatto che
cominciano a girare strane voci su ARTU’: i più delicati dicono sia un micio
sfortunato, i diretti interessati che sia un vero iettatore portasfiga.
Riassumiamo brevemente i fatti: ARTU’ è stato abbandonato qualche mese fa in
Colonia insieme ad ASTERIX (suo probabile fratello) e ad AMELIA.
Prima AMELIA si è beccata un brutto graffio all’occhio
sinistro che ha necessitato di cure e lungo ricovero alla Reggia per la sua guarigione,
tanto lunga la degenza che il Capo non se l’è sentito di riportarla in Colonia
considerandola, oramai, una suppellettile della stanzetta dei ricoveri.
ASTERIX, purtroppo, è morto di FIP.
Poco dopo il Capo ha recuperato un altro cucciolo vagante,
PUNTINO, che è arrivato in Colonia a tenere compagnia ad ARTU’, rimasto solo.
Dopo appena dieci giorni PUNTINO è stato ricoverato
d’urgenza per la torsione di un testicolo e prontamente operato. Ancora è in
degenza dai veterinari ma. probabilmente, domani tornerà in Colonia tra gli
altri colleghi abbandonati.
Ora, come propone ZORRO – Perché non impacchettiamo ARTU’ e
lo spediamo in Groenlandia prima che decimi tutta la Colonia?
Ma noi non siamo superstiziosi e continuiamo ad accogliere
ARTU’ in Colonia, almeno fino a quando non succederà qualcosa di spiacevole al
Capo…
13
Continuo il mio lavoro di diradamento alle Corone, interrotto da un paio
di contratti con le ferrovie. Torno dal Professore per un nuovo carico di
legna.
- Non sapevo che lavorassi alla Corona, Fosco – mi dice – Tempo fa ho
letto sui giornali del tuo macabro ritrovamento.
- Una brutta esperienza – commento – Avrei preferito far diventare
famoso qualcun altro.
- Era l’eremita, poi?
Rimango stupito dalla sua domanda.
- Non lo so, a me hanno detto che, forse, era un pastore. Ma non ho
trovato tracce di pecore o recinti. Come sapeva dell’eremita?
- Avevo sentito delle voci a Paese e mi ero incuriosito. Poteva essere
lo spunto per scriverci un romanzo.
- Mmm… una brutta storia.
- Forse anche bella, tutto sarebbe dipeso dal finale.
Dopo alcuni giorni, all’ora di pranzo, ricevo la telefonata di Carla –
Sei al capannone nel pomeriggio?
- Certo! Vieni per un ‘ispezione o cosa?
- Cosa. Devo parlarti.
Finisco di mangiare senza gustarmi l’amatriciana preparata da zia, che se
ne accorge.
- Una grana? – domanda.
- Oggi pomeriggio viene la nuova forestale di Paese, quello dello
stipendio sicuro.
- Ufficializzate il fidanzamento?
Rimango ancora una volta di stucco.
- Ma su… - prosegue – Lo sanno tutti di voi due. E’ giusto che mettiate
le carte in tavola e regolarizzate l’unione.
- Che unione? – Non posso dire a zia che scopiamo e basta.
- Va bene, va bene. Poi falla salire che vi faccio il caffè e la
conosco.
Anche il pisolo pomeridiano va a puttane. Carla ha lo strano potere di
mettermi l’ansia addosso. Prima non ero così.
Arriva con la sua Golf, in borghese. Elegante, ma non appariscente.
Viene a chiedere la mia mano alla zia? penso preoccupato.
La accolgo e le faccio visitare la mia azienda, con zia che sbircia da
dietro le persiane.
Le spiego tutto il ciclo di lavorazione che eseguo per la legna e rimane
incantata alla vista del piazzale pieno di cataste di stanghe impilate su
bancali e messe lì a stagionare.
- Quanta legna è? – domanda meravigliata.
- Quasi trecento bancali, quasi trecento tonnellate. Il fabbisogno per
un paio di anni.
- Tantissima!
Le spiego della stagionatura dei vari tipi di essenze, del perché alcuni
bancali di stanghe stagionano al coperto e il motivo per cui il castagno non è
metrato e impilato in verticale, anziché in orizzontale. Dentro al capannone,
vicino al banco con la sega circolare le chiedo del motivo della sua visita.
- Parliamo in casa, ti va? – risponde.
- In casa c’è zia che ci aspetta. Vuole conoscerti, offrirti il caffè e
stabilire la data del matrimonio.
Si mette a ridere.
- Ho una rivelazione da farti – dice, poi, seria – Ma promettimi che
terrai tutto per te.
- Promesso – ci siamo, penso tra me.
- A Roma ho una carissima amica…
Appunto, sorrido mentalmente.
- E’ un pezzo grosso della Polizia.
- Ma và! – mi lascio scappare e Carla mi guarda sospettosa.
- Riguarda il cadavere che hai trovato – prosegue – Il morto non è
Pietro Paolo Floris.
Rimango con la faccia da baccalà.
- Che significa? Li hai visti pure tu i suoi documenti!
- Il fatto che fossero là non giustifica che fossero i suoi – spiega –
Probabilmente sono falsi. Pietro Paolo Floris è morto nel novembre del
1989 a Roma.
- Significa che ora ci sarà un’indagine e avrò i Carabinieri sempre tra
i piedi.
- No. Questo è il segreto che devi custodire, il Floris è stato ucciso a
botte in una stazione dei Carabinieri alla periferia di Roma e fatto sparire in
tutta fretta. Per l’Arma il ritrovamento di un cadavere con i suoi documenti è
stata la manna dal cielo. Ora Pietro Paolo Floris è morto legalmente.
- Capito. Ma tu, come fai a sapere…
- La mia amica ha accesso a notizie molto riservate. Poi, Pietro Paolo
Floris era alto un metro e settantacinque, il cadavere che hai trovato superava
di poco il metro e cinquanta.
- Ma non capisco ancora cosa significa. Perché fare trovare i documenti
di un altro vicino ad un cadavere?
- Falla meglio questa domanda, perché uno gira con un documento falso
intestato ad una persona ufficialmente scomparsa?
- Già, perché?
- E’ quello che dobbiamo scoprire, secondo la mia amica.
- Noi? E perché non se lo scopre lei, che è della Polizia?
- Non ci può essere un’indagine ufficiale, vedi di capire. I Carabinieri
hanno chiuso la pratica, solo loro la possono riaprire, ma non ne hanno nessun
interesse.
- Ma a noi che ce ne frega se quello è o non è Pietropaolo?
- Nulla. Ma se troviamo qualche indizio utile lo devo comunicare alla
mia amica.
- Va bene – chiudo il discorso – Te l’avevo detto che le Corone portano
sfiga!
- Comincio a crederci.
Saliamo in casa per il caffè e faccio le presentazioni.
- Zia, lei è lo stipendio sicuro!
Carla mi guarda meravigliata.
- Zia vuole che sposi la tua busta paga.
Si mette a ridere, zia no.
Passiamo un inutile e noioso pomeriggio di chiacchiere futili ed
evitabili, mentre ho un carico da trenta quintali da preparare.
Il momento drammatico arriva quando Perla e Zaffiro decidono di fare il
loro ingresso nel salone per annusare la novità umana.
Carla li riempie di complimenti e li accarezza, loro (i ruffiani) ci
stanno senza ritegno. Zia è in estasi, l’accettazione dei suoi due felini è
quasi più importante della busta paga elargita dallo Stato.
- Adoro i gatti – puttaneggia Carla.
Alé! Preparate le pubblicazioni, penso scosso da un brivido.
Finisce come temevo; la sera sono nel capannone a caricare l’Unimog
mentre Van Basten segna una doppietta.
Prima di addormentarmi ripenso alle parole della Bellona e va a finire
che stento a prendere sonno.
La mattina ho sempre lo stesso pensiero nella mente annebbiata dalla
carenza di sano riposo.
Carla ha ragione, la legna è ‘Tantissima’, troppa: devo trovare una
soluzione.
Dopo il caffè vado a fumare la sigaretta sul piazzale, tra le cataste, e
studio la possibilità di ingrandirlo di altri 1000, 2000 metriquadri. Ma la
spesa tra ruspa, preparazione del fondo, asfaltatura e un muro di contenimento
sarebbe… tantissima.
Devo allargare il giro della clientela! La soluzione più logica (ed
economica). Privati e famiglie che non hanno bisogno di ricevuta fiscale e puoi
consegnare tutto in nero. Altre risorse per il prepensionamento.
Vado a scaricare l’Unimog a Città e ne approfitto per andare dal laido
libraio e chiedergli un consiglio.
Stavolta il vigile non c’è, e neppure un posto vuoto per parcheggiare il
mezzo. Mi arrangio sopra un marciapiede.
- Vorrei un consiglio da lei – faccio al libraio – Dovrei far stampare
dei volantini e distribuirli in città, saprebbe a chi potrei rivolgermi?
- Come mai?
- Ho un mucchio di legna nel piazzale, non ci si entra più. Voglio
trovare più clienti.
- Non farebbe prima a tagliarne di meno? – osserva.
- Ma è il mio lavoro!
- Così lavorerebbe di meno e avrebbe più tempo libero per dedicarsi alla
lettura – la sua filosofia spicciola, e non credo disinteressata.
Cambio argomento facendogli i complimenti per il libro che ha scritto,
lo rendo felice.
- Lo sa? – commenta – Una copia ne avevo regalata anche all’eremita
delle Corone, pure lui mi ha fatto i complimenti!
Esco dal puzzolente scantinato con un consiglio e un altro paio di libri
usati, ma in buone condizioni, consigliatimi dal vecchio.
Mentre appoggio i libri dentro l’Unimog mi accorgo di essere osservato.
Non lo do a vedere ma scorgo il macedone/montenegrino che aveva cercato di
accoppare Picche con un altro, uno dei tre picchiatori.
Un’occasione unica! penso tra me, tastando il pugnale regalatomi da
Carla.
Sono seduti ad un tavolino esterno del bar della piazza in compagnia di
diverse bottiglie di birra vuote.
Mi avvicino lentamente ai due, li osservo e sputo ai loro piedi. Poi mi
incammino di nuovo verso il buco del libraio. Controllando con la coda
dell’occhio vedo che si sono alzati dal tavolino e stanno lasciando dei soldi,
poi cominciano a seguirmi parlottando tra loro. Supero il vicoletto del locale
del libraio e mi infilo in un altro, ancora più stretto e puzzolente che sbuca
in una piazzetta che sembra il chiostro di un piccolo convento. A destra e a
sinistra ci sono grosse colonne che reggono il fabbricato superiore e
delimitano il portico. Mi infilo a destra e mi nascondo dietro la quarta
colonna. Dopo pochi istanti arrivano i due, li vedo riflessi sul vetro di una
finestra. Guardano in giro e parlottano tra loro poi, come speravo, si
dividono: uno a destra e uno a sinistra. E’ solo una questione di attesa. Una
manciata di secondi e uno dei due, l’omicida tentato di Picche supera la
colonna. Esco fuori e gli rifilo un cazzotto in pieno viso, facendolo crollare
a terra. Poi afferro il pugnale ma mi blocco: non posso rischiare di diventare
un omicida poi… dove cazzo sta il fegato? Mentre lui rantola e prova a
rialzarsi gli assesto un violento calcio tra le costole, poi uno sul bacino,
facendomi pure male. Un altro sempre tra le costole mentre scorgo il collega
che se la da a gambe in tutta fretta. Ancora un paio di calci, più forte che
posso e gli pesto la mano destra stretta a pugno fino a che sento lo
scrocchiare delle ossa che si frantumano. Tranquillamente torno all’Unimog,
controllando che l’altro macedone non mi stia seguendo. Ripulisco la mano
insanguinata e dolorante del primo pugno con dei fazzolettini che getto in un
cestino. Dirigo verso la tipografia con un senso di spossatezza addosso unico,
manco fossi stato io a prenderle.
Mi reco alla tipografia indicata ed espongo la mia richiesta. Non c’è
problema, risponde il proprietario, pensano a tutto loro: testo, stampa e
distribuzione. Io devo solo preoccuparmi di pagare centotrentamila lire.
A pranzo zia esterna i suoi pensieri su Carla.
- E’ veramente una gran brava ragazza!
- Una ragazza di quarantadue
anni – replico.
- Si nota che è più responsabile di te! Basta vedere che lavoro fa!
- Non ti credere, naviga tutto il giorno in mezzo alle scartoffie. Sto
meglio io con Picche nei boschi.
- Appunto! Un bel lavoro d’ufficio, comodo, caldo e non faticoso e
pericoloso come il tuo.
Aggiungo del romanesco agli spaghetti cacio e pepe.
- Poi guadagna bene – continua imperterrita – Hai visto come era vestita
elegante?
Guardo zia e ho il flash di Carla in body di pizzo nero e mutandina con
cazzo di silicone che si prepara a trombarsi la sua amica romana. Mi si fa
duro. Forse è il pepe.
- Sì, ma al lavoro sta in mimetica. Quando lavoro sono più elegante io –
replico.
- Ha l’espressione dolcissima, una vera donna capace di regalare la
felicità ad un uomo.
Un altro flash mi attraversa la mente mentre addento una salsiccia
secca. Carla che aspetta vogliosa di essere penetrata dalla poliziotta, anche lei
dotata di cazzo artificiale, ma nero.
Poi mi estraneo dalla discussione e cerco di immaginarmi fisicamente la
poliziotta.
Per la legge della compensazione dovrebbe essere bassa, rotondetta e con
due tette da paura.
Passo alle spinaci saltate in padella e mi approprio dei due spicchi di
aglio rimasti nel tegame.
Sai che coppia! Medito ancora. Ma, sicuramente, la romana sarà un rospo
da laghetto artificiale.
Comunque ce l’ho ancora duro e decido che alla prossima trombata sarò
più audace con la Bellona. Le voglio far scoprire le carte in tavola per
magari, perché no!, partecipare a una partita a tre.
- Secondo me è quella giusta – conclude zia, preparando il piatto degli
avanzi per Picche – Si vede proprio che state bene insieme!
Vado a fare un pisolo meravigliandomi di non essere per niente scosso da
quanto successo in mattinata. L’unica preoccupazione riguarda una possibile
denuncia; chissà cosa avranno raccontato all’ospedale, quei due.
Sto diventando un giustiziere… l’ultimo pensiero prima di chiudere gli
occhi.
ZORRO è il solito maldicente |
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