Ad una più attenta ispezione della zona genitale di VIRNA la stessa ora sembrerebbe un maschio sterilizzato. VIRNA/O: un dubbio per non dormire... |
La storia de I Gatti di Monte Malbe, due bande di felini semirandagi che hanno adottato un umano in cambio della loro sussistenza giornaliera. (Vai a Presentazione)
lunedì 30 novembre 2015
CHEESE! Scatti felini a Monte Malbe
sabato 28 novembre 2015
IL SOLARIUM LETTERARIO
LE MALEDETTE
di Catus Silvestris
3a puntata
- ‘Mazza che freddo! – commenta il nuovo arrivato ARTU’.
- Dai che tra qualche minuto saliamo tutti sul Solarium a
scaldarci con “Le Maledette”! – lo rincuora quella fetente di CERES.
PERONI si alza dalla cuccia calda, si stira, tira un sospiro
(non si capisce se di sollievo o estrema sofferenza) ed esce a respirare il
freddo mattutino.
Lo sentiamo armeggiare con le numerose foglie secche di
castagno cadute nello spiazzo della Colonia.
- Fa le pulizie di Pasqua a novembre, lo Scemo? – domanda ARCHIMEDE,
sempre benevolo col prossimo.
Poi lo Scemo ci chiama tutti fuori per farci ammirare la
catasta di foglie e legnetti secchi che ha preparato.
- Tutto pronto! – dice – Datemi il capitolo di oggi, un
accendino e qualcuno vada a fregare una bottiglia di grappa al convento!
Chiamalo Scemo!...
3
In settimana vado a Città per una consegna. Ne approfitto per passare al
famoso negozio di libri usati. Parcheggiare il mio vecchio Unimog in Piazza
della Resistenza è un’impresa, ma un vigile, stranamente cortese, mi indica il
posteggio per il carico e scarico delle merci.
Il negozio è in realtà un buio scantinato in un vicolo che puzza di
piscio ed è pieno di cacate di piccione. Puzza anche lui, ma di muffa e fumo di
sigaretta stantio. Seduto ad un tavolo c’è un vecchio laido col mozzicone di
toscano spento in bocca. Gli porgo la lista del Professore.
- Che mi dà, la ricetta? Mica siamo in farmacia! - osserva scocciato.
- Vorrei qualcuno di questi libri.
Prende il foglio e scorre i titoli – Roba buona – commenta – Qualcosa
ho. Edizione economica o di lusso?
- Dipende.
- E’ giovane, ancora ha la vista buona. Edizione economica, spende un
cazzo e le do pure il resto.
Si alza e rovista tra gli scaffali. Dopo qualche minuto mi porge tre
piccoli libri.
- Per il momento ho questi, ma se mi lascia la lista rimedio pure gli
altri e le faccio un colpo di telefono.
- Non c’è bisogno, grazie. E’ solo una prova.
- Auguri, vedrà le piaceranno. Sono cinquemila e le faccio un omaggio.
Mi porge un piccolo libro, questo, però, è nuovo.
- Mi diletto a scrivere, questo l’ho partorito diversi anni fa. Non ho
venduto un cazzo e le copie avanzate le regalo a chi mi è simpatico.
- Grazie.
- Prego. Parla di uno scambio di identità tra cadaveri. Un noir di
quando ancora si potevano scrivere frasi con più di otto parole.
Non capisco l’affermazione ma sorrido lo stesso.
Porgo le cinquemila, il vecchio ripiega la lista dei consigli per
l’acquisto e la inserisce tra le pagine della sua opera.
- Alla prossima! – mi saluta.
Poi venne il giorno del giudizio.
Alle 8 sono già accanto al condannato con Picche. Accendo la motosega e,
per scaldarla, tolgo un paio di rami secchi bassi. Poi la spengo e comincio lo
scambio telepatico con la vecchia quercia. La accarezzo, rimetto in moto l’arma
letale e mi posiziono. Tacca di direzione, taglio di abbattimento e viene giù
dopo aver inserito e martellato a fondo tre cunei di ferro. Cadendo molti rami
secchi e fradici si spezzano volando tutt’intorno. Comincio a toglierle via i
rami ancora buoni, li metro e li accatasto da una parte. Divido il grosso
tronco in quattro pezzi che allineo affiancandoli. Mentre sto segando il pedone
del tronco arriva la Bellona armata di macchina fotografica.
- Buongiorno!
E’ Picche il primo a rispondere al saluto con il suo solito ‘Uof!’ Ci
tiene a far vedere che è un cane educato.
- Salve. Il cadavere è già sezionato e pronto per le foto ricordo.
- Vedo. E vedo pure che aveva ragione. Era marcia. Bel cane! E’ suo?
- Sì, si chiama Picche. Alla quercia abbiamo risparmiato diversi anni di
agonia e sofferenze.
- Lei crede che le piante soffrano?
- Come ogni essere vivente.
Comincia a fotografare il tronco sezionato a terra con Picche che le
gira intorno e la annusa curioso e mi avvicino alla seconda vittima della
giornata: un pino poco inclinato ma con la zolla di terra rialzata intorno al
tronco.
Lo osservo attentamente e capisco dove lui vorrebbe cadere. Non sono
dello parere. Lo accarezzo in silenzio mentre faccio un rapido calcolo
geometrico.
- Qua – gli mormoro indicando un punto del parcheggio.
- Ma ci parla? – interviene la Bellona.
- Certo. Lo rassicuro che sarà una faccenda breve e quasi indolore e
cerco di convincerlo a cadere dove vorrei.
Accendo la motosega e faccio dei piccoli segni sulla corteccia. Poi
ricontrollo l’inclinazione della pianta. Correggo un segno e faccio una piccola
tacca di direzione. Ricontrollo ancora l’inclinazione e allargo leggermente la
tacca già fatta. Prendo una larga fettuccia di corda e la arrotolo sul tronco
poco sopra al taglio, fermandola con un tirante. Poi passo al taglio spingendo
la lama lentamente e quando sento il pino irrigidirsi aumento al massimo della
potenza. Cade fragorosamente, ma senza scosciare, un paio di metri dal punto
che avevo stabilito.
- Bravo!
- Mica tanto. Doveva cadere due metri più a destra, ma avevo paura che
scosciasse o si avvitasse su se stesso.
Comincio a sfrondarlo con la Bellona che continua a fotografare la
quercia a terra. Quando ho finito anche lei ha terminato il reportage.
- Io sono a posto. La saluto. Ciao, Picche!
Rispondo con un cenno del capo, Picche con uno ‘Uof!’,e passo a pezzare
il tronco del pino a terra.
La sera inizio la lettura di uno dei libri consigliati. Dopo qualche
pagina mi si confondono le righe e chiudono gli occhi. Lo appoggio sul comodino
ripiegando un angolo dell’ultima pagina letta, spengo la luce e passo a sognare
gli angioletti.
ARTU' si consola con un bel piatto di pasta |
DIMISSIONI
LA CUCCIA DEL CAPO
Monte Malbe, 28 novembre 2015
Egr.
Felini
della Colonia felina protetta
Monte Malbe-Convento
La presente per comunicarVi le mie dimissioni da Capo (nonché lacchè, maggiordomo, giardiniere, cuoco, uomo di fatica e consolatore di cuori felini infranti) con effetto immediato a causa della immotivata e troppo propagandata lamentela insorta nella Vostra Comunità fomentata dai soliti personaggi disfattisti e scorretti che ne vivono al margine.
Non ritenendo giusti gli appunti mossi, e sostenendo eccessivo l'utilizzo di mezzi mediatici al solo scopo di inasprire gli animi, mi vedo costretto ad utilizzare il mio tempo libero a fini benefici con scopi più altamente gratificanti per il mio impegno.
Quindi, Vi comunico che da domani dovrete:
- imparare ad aprire le scatolette da soli, nonché a procurarvele
- pulire la Vostra casetta e disinfettare le Vostre cucce
- andare a prendere l'acqua alla fontanella
- pulire giornalmente la Vostra cassettina igienica interna
- cambiare e lavare le Vostre copertine
- lavare e sterilizzare i piatti in cui spererete ancora di mangiare
- riparare i danni degli eventi atmosferici
- difenderVi da soli dagli umani inopportuni e dai cani vaganti
- portare via la spazzatura
- consolarVi tra Voi per gli amori non corrisposti
- tenere a bada OSCAR quando è affamato
- tenere a bada CREMINO quando ha quelle sue particolari giornate
- spiegare il tutto, con estrema pazienza, a PERONI per evitare che passi mesi sulla strada sopra stando ad aspettarmi.
In alternativa Vi propongo la cessazione delle ostilità con un esplicito segno di pace che mi farete trovare domattina, entro le ore 11,00, appeso al pino all'ingresso della Colonia: ORTICHINO.
Distinti saluti.
Vostro ex-Capo
venerdì 27 novembre 2015
VECCHI, INDIMENTICATI AMICI
ORAZIO (ORAZIONE il Camionista)
Nell’ultima infornata di abbandoni alla Colonia Vecchia ,
nel febbraio del 2010, c’era anche lui: ORAZIO.
Un micione vecchio, bianco e nero, denutrito e pieno di
acciacchi. L’alimentazione costante e abbondante lo rimise in forze, come pure
qualche cura veterinaria che evidenziò la sua positività alla FIV.
Accettò di buon grado il trasferimento alla Colonia Nuova
seguendo il suo piatto preferito: fusilli al macarel.
Un buongustaio, non c’è che dire!
Quando mi decisi a trasferirlo alla Reggia per fargli
passare la vecchiaia con qualche comodità scoprì le infinite possibilità di
condire la pasta, il suo piatto preferito.
Se ne sparava certi piatti da far invidia a un camionista,
da qui il suo soprannome: ORAZIONE il Camionista.
Poco più di un anno alla Reggia, tranquillo, al caldo e
sempre con l’occhio attento alla pentola dell’acqua che bolliva. Poi, come
spesso succede, La FIV divenne sintomatica e in breve tempo cominciò a
consumarselo.
Fui costretto ad accompagnarlo all’ultimo viaggio dai
veterinari quando un giorno rifiutò pure il suo primo preferito: tagliatelle
all’uovo con sugo al tonno.
L’acqua bolle! Butta la pasta ORAZIO!
ORAZIO alla Reggia - Gennaio 2012 |
giovedì 26 novembre 2015
mercoledì 25 novembre 2015
martedì 24 novembre 2015
ARRIVI & PARTENZE (Reggia)
MIKI
Oggi ci ha lasciato uno dei gatti più giocosi e solari della Reggia, il simpaticissimo malconcio MIKI.
Una banale influenza ha annientato le sue scarse difese immunitarie e complice un polipo al naso e il suo Herpesvirus oramai cronicizzato non ce l'ha fatta a rispondere in pieno a tutte le terapie praticate dai veterinari che da sempre lo avevano in cura.
MIKI da Foligno ha passato quattro anni spensierati alla Reggia, diventando il terrore dei piccoli che qui sono cresciuti; a modo suo li adottava e li faceva diventare gatti adulti.
In sua memoria oggi è stato osservato un minuto di silenzio prima del consueto incontro di rugby felino.
L'Avvocato SERPOTTO ha già presentato domanda per riceve i fondi per l'istituzione della MIKI-CUP a cui ha già dato adesione la nazionale felina di rugby neozelandese (tutti gatti neri).
Il Capo ha rotto, a malincuore, il salvadanaio destinato alla piscina per i ricci che soggiornano nel garage.
MIKI mostra agli allievi come sfuggire al placcaggio |
lunedì 23 novembre 2015
ARRIVI & PARTENZE (Colonia)
VIRNA
Nuovo arrivo alla Colonia. Una splendida gatta adulta bianca con sfumature ruggine a pelo lungo, già avvistata un paio di settimane fa mentre vagava nel vigneto sotto al convento. Naturalmente è arrivata al posto dove è più facile trovare cibo e rifugio per le giornate piovose e fredde. Ora la studio un poco, dovrebbe essere un'ex gatta domestica, molto socializzata, quindi di possibile adozione.
sabato 21 novembre 2015
IL SOLARIUM LETTERARIO
LE MALEDETTE
di Catus Silvestris
2a puntata
Non piove! Un’ottima notizia per i colleghi che ancora
stanno dormendo dentro la casetta; possiamo proseguire la lettura de “Le
Maledette” sul Solarium, anche se oggi, in realtà, di sole poco ce ne sta.
AMELIA è la più disciplinata del gruppo dei nuovi cuccioli,
già è sul Solarium che invita gli altri; la premio con qualche crocchetta Fit
32 datemi di contrabbando dal Capo.
Quanto è duro mantenere l’ordine in Colonia!
2)
Il Professore, che si dichiara uno
scrittore, è un tipo schivo e solitario. Non si incontra quasi mai, solo
qualche rara volta all’alimentari a Paese, ma non certo al banco del macellaio:
non mangia carne per sua scelta. Non ha una donna che le va a fare le pulizie
ed è praticamente autosufficiente per le incombenze domestiche. E’ comparso dal
nulla circa sei anni fa, dice di essere sceso dal nord a cercare pace,
tranquillità e solitudine per il suo lavoro, ben fornito di soldi comprando,
per un tozzo di pane, la casa dove abita. Una bella casa rurale, acquistata
precedentemente da una famiglia inglese e rimessa a posto a suon di sterline. Gli
stranieri poi scoprirono che stava troppo in culo al mondo, praticamente è
l’altra casa, oltre la mia, che popola Cima, un’alta collina sopra Borgo. Ha
una strada che d’inverno ci vuole comunque un quattroperquattro per scendere
alla civiltà. Ma a lui piace, ci passa la sua vita e non ha nessuna inopportuna
noia. Credo di essere uno dei pochi che, saltuariamente e solo per lavoro, lo
vada a trovare. Il lavoro da svolgere è meno impegnativo, quindi meno
remunerativo, di quanto mi aspettassi.
- Sono
solo un paio da tirare giù. Glieli spezzetto pure ma li bruci tra un paio di
anni e mischiati ad altra legna.
-
Perché?
- Il
cipresso è resinoso, va fatto asciugare bene e al coperto, e bruciato mischiato
a legna più nobile.
-
Capito. A proposito, prima dell’inverno avrei bisogno dei soliti 30, 35
quintali.
- Non
c’è problema.
Finito
il lavoro mi fa accomodare nel suo studio per pagarmi. Un grande salone con due
tavoli messi a elle, uno è lo scrittoio, sull’altro ci sono dei monitor di
computer. Lungo due pareti una monumentale libreria stracolma di libri impilati
in maniera disordinata.
- Non
ho capito che genere di libri scrive – faccio osservando uno dei ripiani con un
centinaio di volumi sopra.
-
Romanzi, in genere, e tutto quello che gli editori vogliono che scriva.
- Nel
senso che scrive su ordinazione?
-
Esatto. Lì ci sono quasi cinquemila libri – indicando la libreria – Alcuni,
pochi, ne ho scritti io. Ma non troverà mai il mio nome come autore.
- Usa
uno… pseudonimo?
- No.
Io scrivo su ordinazione romanzi che saranno pubblicati da altri. Sono quello
che si chiama uno scrittore fantasma, un ghostwriter.
- Non
capisco.
- Beh,
non è semplice spiegarlo, ma ci proverò. Un personaggio famoso ha possibilità
di vendere centinaia di migliaia di copie rispetto a uno sconosciuto, anche se
il famoso è semianalfabeta e lo sconosciuto fosse un vero talento della
letteratura. Agli editori interessa più vendere copie che scoprire eventuali
talenti, quindi fanno un contratto al Pinco Pallino famoso e mi chiedono di
scrivergli un romanzo. Lo stesso per lo scrittore famoso che deve sfruttare il
momento buono o ha il classico blocco. L’editore mi chiama, spesso mi propone
pure la trama del romanzo e sta a me scriverlo in maniera tale che il lettore
creda che sia stato scritto dall’autore famoso. Raramente gli editori mi
passano qualche scritto valido di un esordiente, quindi devo sezionarlo,
eliminare quello che non va, migliorare lo stile di scrittura e consegnare un
lavoro nuovo di pacca. E l’esordiente diventa uno scrittore, forse anche
famoso.
- Una
specie di truffa.
- Una
semplice e innocua mistificazione. Tu leggi, Fosco?
- Ci ho
provato un paio di volte. Ho abbandonato dopo poche pagine.
- Male.
Comunque avrai sicuramente scelto dei testi non consoni a te. Non è mia
abitudine prestare volumi quindi, se ti facesse piacere, potrei segnalarti
alcuni titoli che sapresti apprezzare.
Prende
un foglio di carta bianca e comincia a fare un elenco. Ogni tanto si ferma,
pensa, ed inserisce un altro titolo.
- Tieni,
sono una decina. Non è che li devi prendere tutti. Se capitassi a Città, in una
traversa di Piazza della Resistenza c’è un piccolo negozio di libri usati.
Sicuramente ha alcuni di questi testi. Spendi poco o niente e provi l’ebbrezza
della lettura. Tra parentesi uno di questi titoli l’ho scritto io, ma non te lo
rivelerei neppure sotto tortura.
-
Grazie – prendendo il foglio – Ci proverò.
- Ti aspetto
per la legna e per sapere se sono riuscito nella conversione.
Lo
saluto con un sorriso.
A casa
ho appena il tempo di una doccia, un cambio d’abito con qualcosa di più civile
e, come tutti i venerdì, vado a passare la serata al Covo. Il Covo dei Briganti
è una trattoria pizzeria lungo la statale che collega Paese a Città. Durante la
settimana svolge la sua funzione di ristorazione, il venerdì sera, dalle 10 in
poi, si trasforma. Sbaracca la sala da pranzo che diventa una pista da ballo con
qualche complesso locale che suona liscio e le immancabili puttanate degli anni
’60. Io non ballo: ceno e poi rimango al mio tavolo in attesa di qualche preda.
Il Covo è diventato un punto di riferimento per donne single, separate,
divorziate e appariscenti tardone per fare l’acchiappo per una scopata senza
pensieri né coinvolgimenti. Ogni tanto becco qualcosa. Certo, a volte sono
brutte, vecchie, sguaiate o peggio ancora grasse, ma per quello che ci devo
fare non vale la pena andare per il sottile. Se poi ho l’urgenza e non ho
rimediato nulla nel parcheggio trovo sempre due checche che si divertono a
vestirsi da donna e fanno pompini con estrema dedizione.
E’ il
mio unico svago settimanale. Dal lunedì alla domenica nella macchia o nel
capannone a tirare giù piante, accatastare stanghe, spezzettare, insaccare o
affardellare e consegnare al cliente. Sicuro che morirò per il contagio da qualche
malattia delle querce o dei lecci.
A
tavola mi siedo con Antonio, il forestale, ed onoriamo le pappardelle al cinghiale
della casa annaffiate con un robusto rosso.
- Dove
l’avete pescata quella? – gli chiedo.
- Ce
l’hanno spedita dal nord. Era in Friuli. Ora ha preso il comando della nostra
piccola stazione, a Paese.
-
Auguri! Sembra una cagacazzo.
- Lo è.
E’ qui per punizione – precisa.
- Cosa
ha combinato?
-
Storie di sesso, mi ha raccontato un amico collega di Udine.
- Si
scopava chi non avrebbe dovuto?
-
Esatto, Sorbo – chiudendo il discorso.
La
giovane cameriera ci porta salsicce e patate arrosto e un’altra bottiglia di
rosso.
- Certo
– proseguo – che sei proprio una testadicazzo. Lanci l’esca e poi ritrai la lenza.
Chi non si sarebbe dovuta scopare?
- La
moglie del comandante provinciale – dice sorridendo e facendo notare che non
vedeva l’ora di raccontarmelo.
- Azzo!
Pende a manca la stangona!
- Anche
a dritta, dicono – continua Antonio – ma non ci sono riscontri certi. Invece è
appurato che faceva coppia fissa con una poliziotta di Udine, pure quella sul
lesbico andante, anche se raccontano di un suo fidanzato. Ma nessuno l’ha mai
visto né conosciuto.
- Che
covo di serpi!
-
Scommetto che, ora, la saraccona sia
più appetibile ai tuoi occhi e al tuo uccello.
- Mmm…
- Hai
mai scopato una lesbica?
- Che
ne so! – replico con una patata in bocca – Ultimamente neppure il nome mi
dicono. Quattro pompate, due strilletti e arrivederci e grazie!
- Ti
invidio – confessa l’amico Antonio.
-
Comunque trombare una che se la fa anche con le donne mi attizza. Quanti anni
ha la ‘bella’?
-
Quaranta suonati. Troppo grande per te.
- ‘Sti
cazzi! Tre settimane fa qui mi ha rimorchiato una col doppio dei miei anni. E
forse si era fatta pure lo sconto.
- 56
anni?
- Sì,
ma se li portava bene e aveva un bel paio di tette.
Dopo il
caffè e la sigaretta ci fanno segno di sloggiare che devono allestire la sala.
Ne
approfittiamo per una breve passeggiata, con relativa pisciata al bordo strada,
e un’altra sigaretta. Quella della passeggiata con la pisciata è oramai una
tradizione consolidata dalle innumerevoli cene del venerdì consumate al Covo.
- Il 28
vieni tu a fare le foto? – gli chiedo.
- Sono
in ferie da lunedì, torno giù dai miei e mi faccio quattro giorni di mare.
-
Allora viene la Bellona!
-
Sicuro. Cambiati le mutande per l’occasione.
Rientriamo
al Covo che già sono arrivate le prime auto di disperate. E’ periodo di ferie, c’è
poco assortimento e di bassa qualità. Alle una me ne torno a casa senza aver
combinato un cazzo.
AMELIA in attesa sul Solarium |
venerdì 20 novembre 2015
giovedì 19 novembre 2015
mercoledì 18 novembre 2015
LA COLONIA PARALLELA
LA CUCCIA DEL CAPO
Abbastanza spesso mi capita di avvistare gatti sconosciuti
nei pressi della Colonia. Talvolta li intravedo solo in quel frangente, poi
svaniscono nel nulla. Altre li rivedo, magari a distanza di mesi, ma oramai li
ho schedati mentalmente e so riconoscerli. Penso sempre che siano gatti di
proprietà che stanno facendo il loro giretto di perlustrazione, stavolta magari
un poco più lungo e ardito. Se li avvisto per diverse volte ne ho la
certezza. Mica ho il monopolio dei gatti
a Monte Malbe! Pochi lo sanno ma ci stanno almeno altre tre colonie sparse per
il monte e seguite da appassionati. Quando avvisto il gatto per la prima volta ho subito un pensiero
negativo: un altro poveraccio abbandonato in cerca di nuova fortuna. Se è un
adulto mi limito a chiamarlo e fargli sentire la mia voce, solo per abituarlo e
cercare di farlo arrivare in Colonia a nutrirsi. Non è semplice, i gatti
abbandonati da poco sono timorosi e spaventati dal nuovo ambiente e,
giustamente, hanno eliminato ogni forma di fiducia verso gli umani. Comunque, fatto
sta che ogni anno avvisterò almeno una decina di gatti sconosciuti e che non
bazzicano poi la Colonia.
Da molto tempo ho il sospetto, e alla Colonia Vecchia ne
avevo anche la certezza, che esista una sorta di Colonia parallela a quella che
vive nella casetta del bosco. Una
Colonia fantasma, che si muove solo nell’oscurità della notte e viene a
nutrirsi alle ciotole esterne delle crocchette. Ultimamente il consumo è
aumentato a dismisura e non a causa dell’istrice Odoacre e la sua famigliola,
oramai tappati nella loro tana per l’inverno.
La cosa un poco mi preoccupa, anche se non si sono finora
verificati gli episodi di conferma della sua esistenza come alla Colonia
Vecchia: gatte sconosciute che portano i loro piccoli a svezzarsi e li abbandonano là senza darmi il tempo di
sterilizzarle oppure cadaveri di gatti sconosciuti rinvenuti dentro le cucce che
avevano scelto come loro ultima dimora. La preoccupazione più grande è quella
di sapere che esistano gatte nomadi non sterilizzate, che prolifichino come natura
comanda e che non prendano la sana abitudine di accompagnarmi i loro piccoli in
Colonia per affiliarli. Continuo a
versare crocchette nelle ciotole esterne sicuro che quando meno me lo aspetto
arriverà la cucciolata tutta baldanzosa a chiedere anche un poco di umido. E’
già successo con SAETTA e suo fratello GENNARO, portati dalla mamma
SILVESTRINA, con CINQUINA, portata dalla mamma CINQUANTA e forse anche con
altre gatte che ho erroneamente creduto abbandonate direttamente con la prole.
Solo un dubbio mi lascia timoroso e perplesso: non è mica
che alla Colonia Notturna Parallela bazzichi un altro Capo e un giorno me lo
ritrovo alla casetta a lamentarsi della mancanza di una macchinetta per farsi
il caffè espresso e di un distributore automatico di sigarette?
Comunque quella del caffè sarebbe una buona idea.
P.S. A pezzo scritto oggi ho avuto una sorpresa in Colonia.
Una bellissima (non esagero!) gatta bianca con sfumature rossicce a pelo lungo,
già avvistata per la prima volta la settimana scorsa, è uscita dalla casetta,
impaurita dalla mia presenza, ma sono sicuro che sia rimasta nei paraggi a
controllare la situazione. Vedremo gli sviluppi, ciucciando un Pocket Coffee
con relativa sigaretta in accompagnamento.
GENNARO, fratello del noto SAETTA, con la classica caratteristica della famiglia: la punta della coda bianca. Colonia Vecchia - Luglio 2007 |
martedì 17 novembre 2015
lunedì 16 novembre 2015
sabato 14 novembre 2015
IL SOLARIUM LETTERARIO
LE MALEDETTE
di Catus Silvestris
2a puntata
Tumulti fomentati dai nuovi piccoli arrivati AMELIA, ARTU’ e
ASTERIX: si lamentano della lettura domenicale.
- Siamo venuti qui perché è una zona selvaggia ed
inospitale, senza scuole, letture e compiti! – proclama il portavoce ASTERIX.
- Bene! – replico – Allora, in quanto zona selvaggia ed
inospitale vi comunico che non esiste PlayStation, connessione ad Internet e
neppure il segnale radio per ascoltare la Hit Parade di Lelio Luttazzi!
- Baiocco – sussurra BARTOLOMEO – la Hit Parade saranno
duemila anni che non la fanno più!
- Benissimo! Vedete che ho ragione, come sempre, piccoli!
Ora salite sul Solarium e pensate che un giorno diventerete tutti come il Professore
PALLUCCHINO! Beh? Perché ora scappate nel bosco?
1)
Intasco le 150.000 lire, ringrazio
i due vecchietti e ripongo le banconote ordinatamente nel portafogli, tutte per
lo stesso verso; è una mia innocua mania.
- Alla prossima!
Sono più che soddisfatto, questa settimana ho già incassato mezzo
milione e sto aspettando pure il bonifico dalle Ferrovie. A rasserenare l’animo
c’è anche questa splendida giornata estiva. Un bellissimo sole che però non
scalda troppo. La temperatura ideale per lavorare col sorriso sulla bocca,
senza maledire il sudore che ti appiccica la camicia alla pelle.
Controllo l’orologio. Sono in ritardo, ma parcheggio davanti a un bar
per prendere il caffè. Fa schifo, è troppo lungo. Le prime due tirate di
sigaretta riportano l’armonia al mio palato. La assaporo prima di rimettermi in
viaggio, non ho fretta; so che mi aspetta l’ennesima rottura di palle che
vorrei schivare, ma non posso. Meglio prenderla con filosofia. Con calma arrivo
all’appuntamento. Mentre parcheggio davanti all’ingresso del convento si fa
incontro uno dei novizi.
- Salve Fosco! E’ in ritardo.
- Lo so.
- Sono tutti al parcheggio che l’aspettano.
Storco il naso presupponendo una scocciatura più grande di quello che mi
aspettassi. Scendo dal mio pickup, prendo una piccola accetta da sotto il
sedile e mi incammino.
Vedo il Priore discutere con un forestale che conosco.
- Finalmente, Fosco! – il suo saluto ansioso – Qui vogliono fare una
strage!
Osservo un altro forestale che nel bosco sta tacchettando le piante da
abbattere con una bomboletta di vernice arancione. Molti castagni secchi e
quasi tutti i pini e i cipressi sono segnati dalla vernice. E’ decisamente
peggio di quello che pensavo.
- Ciao Fosco! – fa il forestale con la bomboletta in mano – Scalda la
motosega!
Annuisco e salgo sulla piccola collina da ripulire a dare un’occhiata: è
arida, senza un ciuffo di erba che gli aghi dei pini non fanno crescere. Sembra
un paesaggio spettrale. E’ una vera strage quella da fare. Castagni, pini e
cipressi: tutta merda. Un mucchio di fatica, tempo e bestemmie per un lavoro
che renderà quasi nulla.
- Lei sarebbe il tagliaboschi? – fa una voce femminile alle mie spalle.
Mi volto e la osservo. Di femminile ha solo la voce. Infagottata dentro
la mimetica, se stesse zitta, neppure ti accorgeresti che è una donna. Solo un
paio di piccoli orecchini con un brillantino ai suoi lobi tradiscono un vezzo
femminile. Il viso è duro e spigoloso, il naso pronunciato, il collo lungo
sopra una figura esile ma di notevole altezza.
Annuisco e faccio una decina di metri per osservare una grande quercia
secolare visibilmente sofferente e fuori contesto. Chissà come avrà fatto a
crescere e sopravvivere là per tutto questo tempo. La indico e chiedo al
forestale con la bomboletta – Gino, perché non è segnata?
- E’ una quercia secolare, protetta. Se non se ne fosse accorto –
ribatte la bellezza in divisa.
- E’ marcia. Tra poco viene giù.
La batto con l’accetta dalla parte del martello e faccio ascoltare i
vari suoni di risposta del tronco.
- Dentro è cava, sta morendo – poi indico alcuni rami che hanno
cominciato a seccarsi.
Noto Gino aspettare un qualsiasi sguardo di risposta dalla collega.
Lei si avvicina e con la mano mi chiede l’accetta. Gliela porgo
tenendola per il ferro.
- Grazie – mormora e continua a battere il tronco. Riprova in un punto,
poi con alcuni colpi toglie la corteccia secca e rigonfia. Dà un paio di colpi
secchi con la lama e dal tronco cadono pezzi di fibra di legno asciutti. Ancora
altri pochi colpi e riesce ad aprire una piccola cavità.
- E sia – sentenzia – Ma facciamo delle foto dopo l’abbattimento, non
vorrei scatenare le solite polemiche delle associazioni ambientaliste . Quando
viene a tirarla giù? – mi chiede.
Non rispondo e osservo il Priore sperando si opponga a quella pulizia
etnica, crudele ma necessaria.
- Ci dovrai pensare tu, Fosco. Contiamo sulla tua disponibilità –
chiarisce invece Padre Giacinto, lavandosene le mani come tutte le persone di
chiesa.
- Per tutto il lavoro?
- Sì, naturalmente con i tuoi tempi e metodi.
- E quali sarebbero questi tempi e metodi? – domanda miss simpatia.
- Ora ho già troppo lavoro, ne riparliamo a fine mese.
- Va bene – conferma il Priore, visibilmente soddisfatto di aver passato
ad altri la patata bollente.
- E a chi devo intestare il permesso? – mentre mi restituisce l’accetta
in maniera scorretta.
- Emme centosedici – interviene Gino.
Lei ha un’espressione perplessa, non so se per il nome dell’intestazione
o perché mi rifiuto di riprenderle l’accetta che tiene in mano.
- Emme Centosedici srl – chiarisco – Gli utensili da taglio non si
porgono tenendoli dal manico.
- Scusi, ero distratta – ora me la porge correttamente e la prendo –
Comunque mi dovrà comunicare preventivamente il giorno di abbattimento di
questa quercia.
- 28 luglio. La mattina verso le 9,00.
Continua a guardarmi in maniera poco amichevole mentre ci incamminiamo
verso il convento.
- Fosco – fa il Priore preoccupato – l’1 e il 2 agosto abbiamo la Festa
del Perdono.
- Lo so, apposta vengo qualche giorno prima. Tirerò via solo i
pericolanti che possono creare problemi.
- Grazie – fa nuovamente sollevato.
- Prego.
- E’ nuova, Sorbo – quasi si scusa Antonio, l’altro forestale - …porta
pazienza.
Sorrido e faccio spallucce. Alzo una mano a mo’ di benedizione papale
per salutare tutti, salgo sul pickup e me ne torno, finalmente, a casa.
Appena apro il cancello automatico il botolo comincia a saltare e a
agitare la coda.
- Buono Picche! Lo sapevi che oggi non potevi venire, tanto erano solo
rotture di coglioni. Ora ti do un biscotto.
Appena scendo dal fuoristrada mi si fanno incontro anche Perla e
Zaffiro, i siamesi di zia Isolina.
- Ho qualcosa anche per voi, ma non fatela vedere a Picche! – gli apro e
verso nella loro ciotola una scatoletta di umido che avevo a bordo.
Picche si fionda sul regalo inaspettato ma viene bloccato da un
imperioso miagolio di avvertimento di Perla.
- Fosco, sei tu? – grida zia.
- No, è Babbo Natale!
- E’ pronto, sali!
- Arrivo – rispondo sottovoce.
-Cosa voleva il Priore? – domanda zia.
- La solita rottura di scatole; stavolta devo tirare giù un’intera
collina di castagni e pini.
- Bene!
- Bene un tubo! Che ci faccio con pino e castagno, i saldi di fine
stagione?
- Mischiala all’altra legna.
- Mmm… non è corretto.
- Altre novità?
- Una nuova forestale – mentre litigo con i piselli del sugo che non si
fanno acchiappare.
- Carina?
- Quasi come il Priore e simpatica come la diarrea.
Zia non reprime una risata, ma non perde occasione per riaprire un
argomento che le sta caro:
- Non fare sempre il difficile! E’
una dipendente statale, uno stipendio sicuro!
- Dovrei sposare lei o lo stipendio?
- So io cosa ti ci vorrebbe! – continua – Una bella scossa.
Finalmente si zittisce e posso continuare, in pace e silenzio, il mio
personale safari di palline verdi.
- Ha chiamato la Pizzeria del Carro, la prossima settimana vuole il
solito carico.
- Bene.
- E anche il Professore. Ha un paio di piante da tirare giù.
- Male, non mi è simpatico.
- Però paga subito.
- Giusto.
Dopo questa gratificazione inaspettata zia si alza a preparare il caffè.
Appena accendo la sigaretta sento che comincia la solita solfa sui danni
del fumo e lo spreco di denaro collegato. Prendo gli avanzi, mi alzo e li porto
a Picche.
La pennica pomeridiana mi viene stroncata dallo squillo del telefono. E’
di nuovo il Professore.
- Fosco, scusami ma avrei un piccolo problema.
- So tutto – rispondo scocciato – L’avrei chiamata più tardi.
- Quando potresti…
- Domani pomeriggio. Va bene?
- Perfetto. Scusami ancora.
LE NOSTRE FOTO (segnaletiche)
QUESTURA DI PERUGIA
NOME - PIMPI
SESSO - F (sterilizzata)
ETA' - Classe 2007 (Eutanasia per crisi epatica 12 Settembre 2020)
RESIDENZA - Reggia di Monte Malbe
PROFESSIONE - La Cechina della Reggia
MANTELLO - Tigrato e Bianco
OCCHI - Due (per quello che le servono...)
ZAMPE - Quattro
CODA - Sì (tigrata)
CARATTERE - Estremamente socievole
INTERESSI - La scrivania e la poltroncina del Capo
SEGNI PARTICOLARI - L'unico gatto che ti ritrova le cose perse ad occhi chiusi.
venerdì 13 novembre 2015
giovedì 12 novembre 2015
mercoledì 11 novembre 2015
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