LA CASETTA DEL MISTERO
SAETTA
assomiglia sempre più al Capo: schivo e scontroso, di poche parole (cioè
miagolii) e ora pure col blocco dello scrittore.
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Non è colpa mia se il mio intelletto non collabora! – si è giustificato.
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Guarda che il Capo mica fa lavorare il cervello quando scrive! – ha replicato
TARANTOLA – Fa come lui, butta giù le prime stronzate che ti passano per la
testa!
-
Ah… vabbé! Ci provo…
LA
CASETTA DEL MISTERO
La
casetta era terminata, ma il Capo non si decideva a portare su gli arredi e
soprattutto il frigorifero che i Gatti della Reggia descrivevano pieno di ogni
ben di Dio commestibile.
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Forse Micia l’ha perdonato e se lo tiene – ipotizzò ancora SCIRE’.
-
E con questa capanna cosa ci facciamo? – il pensiero comune.
Invece
il Capo tornò più volte ad ammirare la sua creatura e a sistemare piccoli
dettagli.
Uno
proprio piccolo non era; progettò (male) e costruì (peggio) una tettoia lungo
un lato della casetta.
Troppo
penduta e bassa, sbilenca tanto da far pensare al genio che progettò la Torre
di Pisa, ma la ancorò a terra manco dovesse reggere alla furia di qualche
tifone tropicale.
Comunque
quella casetta in mezzo al bosco continuava ad essere un mistero per tutti noi,
e pure per gli umani che la guardavano un poco perplessi.
Una
mattina beccammo il Capo a piantare a terra, a suon di mazzate, dei poveri pali
di castagno con un’estremità appuntita. Poi ci fissò una rete sbilenca e strana
che riconoscemmo come una rete per pecore, uguale a quella che aveva il
contadino sotto (forse una losca fornitura di INTREPIDO). Con pali e rete
delimitò un grosso spazio intorno alla casetta.
Il
giorno dopo lo spazio fu chiuso da un cancelletto di legno, sicuramente l’opera
più pregevole di tutta quell’impresa.
La
casetta era stata circondata dalla recinzione e SCIRE’ ci ammonì di nuovo – Non
ha funzionato, lo caccia e viene a vivere vicino a noi.
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Manca la cassetta postale! – notò VITTORIO.
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E pure il campanello col citofono! – BARTOLOMEO.
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E pure l’energia elettrica, così pure come l’acqua corrente – puntualizzò
TAZZA.
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Si laverà alla fontanella del piazzale – la spiegazione dell’igienista
LITTORINA.
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Oppure quando piove – PACCOLINO, famoso per la sua avversione all’acqua.
Poi,
un giorno, successe un fatto strano: il Capo arrivò con la Land carica di
profilati di ferro, anche un poco arrugginiti, e si mise a montarli dentro alla
casetta. Alla fine del lavoro due lati della stessa erano occupati da una
scaffalatura metallica.
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Apre un centro commerciale! – la spiegazione di BERENICE.
-
Troppo nascosto e poco facilmente raggiungibile – TOPAZIO – Sicuramente qui
spaccerà qualcosa di illegale!
Fu
PAPERINO, durante una delle sue visite, a spiegarci l’arcano.
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Quella casetta è per voi. Ancora il Capo non vi ha informato che siete stati
sfrattati dai locali degli ex bagni e vi trasferirà qua, in mezzo al bosco.
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Trasferirà pure quegli enormi scorpioni e quegli schifosi lumaconi neri che ci
stanno là? – domandò a tutti la ROSINA (della Colonia).
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E le nostre pulci? Che fine faranno? – l’intoccabile e inavvicinabile CERES.
-
Ma… - la domanda più sensata la fece la saggia MICIA – lascerà la porta aperta
oppure darà la chiave della serratura a ognuno di noi?
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Ci chiuderà dentro tutto il giorno e avremo una mezz’ora d’aria solo quando
verrà a portarci da mangiare – ATTILA, sempre incline al catastrofismo.
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Peggio che al 41bis!
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Io me ne vado, emigro in città!
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Ti seguo.
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Torno dalla mia vecchia famiglia umana!
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Sì! Quei grandi bastardi che ti hanno abbandonato, sai che contentezza quando
ti rivedranno! – TAZZA riporta la calma – State buoni e vediamo cos’altro
succederà. Non sottovalutiamo l’unico neurone rimasto al Capo.
E
così fu; aspettammo con ansia gli eventi.
Vostro
SAETTA (attuale memoria storica della Colonia)
L'informatore PAPERINO sempre in contatto tra Reggia e Colonia |
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